Quando ci troviamo di fronte alle
grandi ed eterne domande sulla vita (e sulla morte), è difficile prendere
posizione. Non c’è nulla dopo la morte, o c’è un’altra vita? Esiste un karma
predefinito? Esiste un meccanismo di reincarnazione? Esiste un meccanismo di
premi e di condanne a livello universale?
È difficile rispondere perché non
abbiamo gli strumenti per farlo. In realtà, qualunque risposta è valida… o non
valida. Il problema è che la nostra mente è abituata a vedere o bianco o nero,
o sì o no, o vero o sbagliato. Ma la realtà è più complessa, più sfumata. Non
risponde alle nostre contraddizioni logiche. Le cose possono essere e non
essere nello stesso tempo.
Se qualcosa di me rinascerà, sarà e
non sarà me.
A questo proposito esiste la storia
zen di Kuei-shan, un maestro che disse ai suoi discepoli che, dopo la morte,
sarebbe rinato come un bufalo d’acqua. E aggiunse che lo avrebbero riconosciuto
perché il bufalo avrebbe avuto su un fianco il suo nome, in caratteri cinesi. Poi
domandò: “Che cosa sarà quel bufalo d’acqua? Se direte che è me, sbaglierete.
Ma anche se direte che non è me, sbaglierete? E allora?”
Ecco il punto. Tutte le risposte a
queste domande, dovrebbero essere precedute da “in un certo senso”.
Rinascerò? In un certo senso sì e in un
certo senso no.
C’è un’altra vita? In un certo senso
sì e in un certo senso no.
Tutto dipende dal “senso” che non è
però quello razionale basato sul principio di non-contraddizione. Ma un altro
senso… in un certo senso.
Ecco perché, per comprendere come
stanno veramente le cose, è molto meglio ricorrere ad una meditazione profonda
e silenziosa, senza parole, senza concetti, che non ad un tentativo
di spiegazione logica.
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