Di solito, i monaci (di tutte le
religioni) vivono in luoghi isolati e chiusi, magari in monasteri cinti da mura
che li devono difendere dall’esterno. Ma ricorrono anche a difese interiori:
per esempio, non guardare le donne.
Tutte queste mura, esteriori e
interiori, ci dicono chiaramente che ci si vuole separare dagli altri, dal
contesto, e da emozioni e passioni. Quest’ultima cosa è già più difficile,
anche perché non esistono solo i desideri e i bisogni sentimentali, affettivi e
sessuali. Esistono passioni ben più pericolose: l’avidità, l’ambizione, l’indifferenza,
l’aridità, il voler essere primi, il considerarsi superiori agli altri, il
conformismo, la paura, ecc.
L’aspetto più grave di questo
approccio spiritual-religioso è che si finisce per vivere meno, per tagliare parti
essenziali e vitali di sé, per restare infantili, per non crescere. Uomini irrealizzati,
irrisolti.
È giusto difendersi da passioni
inutili e devastanti (il gioco d’azzardo, la dipendenza, il tifo sportivo, il
desiderio di essere potenti, ecc.), ma è sbagliato rinunciare a vivere per
trovare Dio o l’Assoluto. L’Assoluto si trova nell’interezza dell’uomo, non in
qualche parte separata.
Per chi crede nella legge del karma,
questi individui dovranno tornare a fare quello che non hanno fatto in questa
vita. In cielo non vogliono mezzi uomini, uomini mutilati.
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