In meditazione si usa spesso la
metafora del mare, in due sensi. Nel primo caso, si dice che il rapporto tra
ogni ente e il tutto è simile a quello che tra l’onda e il mare: il singolo è
come l’onda, diverso sa tutti gli altri, da tutte le altre onde, ma comunque
parte del mare, in cui riconfluirà alla fine.
Nel secondo caso, si paragona la
superficie del mare alla nostra mente continuamente agitata dai venti, dalle
ondate, dagli eventi atmosferici, ossia da ogni genere di avvenimento.
Oggi ci sentiamo bene e siamo lucidi,
ma domani ci sentiremo depressi e confusi. Oggi siamo felici, ma domani ci
sentiremo tristi. Oggi siamo fiduciosi, ma domani saremo sfiduciati. Oggi
amiamo, ma domani odieremo. Oggi siamo calmi, ma domani saremo agitati… e così
via. Questa è la superficie del mare, la superficie della mente, sempre in
movimento, sempre agitata dai venti e dalle onde, ossia dalle emozioni, dai
sentimenti, dai pensieri e da ogni genere di avvenimento esteriore e di stato d’animo.
Ma poi esiste il fondo del mare, dove
non si sentono le perturbazioni della superficie, dove esistono la calma e la quiete.
In meditazione si invita a immergersi
periodicamente sotto la superficie, in fondo al mare, per ripararsi dalle
perturbazioni e per poter avere una visione profonda del tutto, del modo in cui
funzioniamo noi stessi e l’universo.
Questa è esattamente la meditazione:
entrare a fondo, immergersi nel fondo, e osservare da lì come funzionano le
cose.
Il fondo esiste sempre e può essere raggiunto
in ogni momento, soprattutto quando le cose si mettono male o a scopi di
conoscenza. La pratica consiste proprio in questo. Staccarsi dagli eventi
contingenti per tuffarsi nel fondo di noi stessi, da dove possiamo vedere come
le coese siano comunque collegate.
Chi impara questo metodo ha in mano
un segreto ed una forza dell’universo. Da una parte trova la pace, la
tranquillità, mettendosi al di fuori o al di sotto del caos della superficie e
dall’altra ha un potente strumento di conoscenza, un punto di vista
completamente diverso.
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