Il fatto che noi tutti cerchiamo la
felicità ci indica che alla base abbiamo un senso di insoddisfazione. La realtà
che viviamo è per lo meno insoddisfacente, soprattutto perché è impermanente e
spesso dolorosa.
Questa presa di coscienza va resa
sempre più chiara. Non ci illudiamo di poter sfuggire alla sofferenza. Ma
proprio da una simile consapevolezza parte il nostro processo di risveglio.
Dobbiamo entrare in pieno contatto
con questo senso di insoddisfazione anziché cercare di cancellarlo con la
ricerca ossessiva di sensazioni piacevoli.
La nostra insoddisfazione di fondo
esige attenzione. Non dobbiamo rimuoverla subito, dobbiamo approfondirle e
capirla. Ci mettiamo alla ricerca del risveglio quando ci rendiamo conto che l’attuale
condizione è dolorosa e che non può essere cancellata con un piaceruzzo oggi e
un piaceruzzo domani (come diceva Nietzsche).
Quando dormiamo e abbiamo un incubo,
l’unico modo per uscirne è risvegliarsi. Dobbiamo dunque avere consapevolezza
che ci troviamo in qualcosa di spiacevole.
Il problema deve essere fatto
emergere e deve essere ben presente alla mente. Ecco perché la presenza mentale
deve essere attiva non solo nelle esperienze positive ma anche in quelle
negative.
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