Il disturbo da stress-postraumatico è
quello che si prova in seguito a qualche trauma e che, anche a distanza di
anni, produce paura, panico, senso di oppressione e di angoscia, depressione,
stress, disagio, incubi, reazioni dissociative, derealizzazione, fuga da
evitamento, pensieri distorti, senso di colpa, ansia, esplosioni di rabbia,
comportamento spericolato autodistruttivo, insonnia, amnesie, compromissione
del funzionamento in ambito sociale e comunque sofferenza.
I manuali di psicologia ci dicono che
questo disturbo è frequente nelle persone che hanno subito o sono state
testimoni di atti di violenza, di crimini, di guerre, di disastri naturali, di
torture, di minacce, di malattie gravi, di lutti, di maltrattamenti, di abusi,
ecc.
Ma, a pensarci bene, questa è la
storia dell’uomo, di qualsiasi uomo che è stato esposto alla nascita. E non mi
riferisco solo al parto, che è già traumatico in sé, ma all’incarnazione, cioè all’uscita dal grembo
del nulla (o di Dio) per entrare in questo mondo – il mondo della violenza.
Siamo tutti traumatizzati. E tutti
soffriamo di quei sintomi, in forma più o meno pesante.
Di questo dovrebbe ricordarsi chi
inneggia alla vita e addirittura celebra l’ “incarnazione di Dio”.
Se la sofferenza è inevitabile, se
vogliamo veramente uscire dalla sofferenza, dobbiamo ripensare il nostro
rapporto con l’essere – e non pensare che sia solo una fortuna.
Ricordare, meditare, essere
consapevoli, significa mettere in dubbio la vita stessa, lo stato dell’arte. Non
stiamo scherzando. Abbiamo a che fare con il trauma fondamentale, con il trauma
estremo.
E, se vi sembra di essere stati
risparmiati finora dai traumi maggiori, aspettate. Dovrete veder morire i
vostri genitori, i vostri cari, voi stessi.
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