Probabilmente un pesce non sa di
vivere immerso nell’acqua; per lui è l’ambiente naturale. Nemmeno noi ci
rendiamo conto di vivere immersi nel regno della mente, con i suoi desideri, le
sue fantasticherie, le sue illusioni e la sua ignoranza.
Ogni tanto un pesce fa un balzo fuori
dall’acqua e allora si accorge per un attimo che c’è un altro ambiente, un’altra
possibilità di vita. Esclama: “Ohooo..!” Ma subito rientra nell’ambiente che
gli è familiare e non ci pensa più.
Anche a noi succede la stessa cosa.
Non siamo consapevoli di vivere in un certo mondo - che non è l’unico. Siamo
ciechi. Non vediamo che questo ambiente perché è quello per cui sono stati
fatti i nostri occhi.
Il risultato è che non vediamo
proprio ciò in cui siamo immersi; sembra che non ci sia alternativa.
E non è solo la natura che ci
condiziona. Anche la cultura e l’educazione ci spingono a muoverci solo in
determinati ambiti, che sembrano gli unici e non modificabili.
Quando in meditazione ci dicono di
restare fermi non è per amore dell’immobilismo, ma per riuscire a vedere come
ci muoviamo abitualmente, sia fisicamente sia mentalmente.
Immobilizzarci significa
immobilizzare la mente che proietta quest’unico ambiente. Infatti, come siamo
indotti a muoverci solo in certi modi, così siamo indotti anche a pensare in
certi modi. Così il nostro mondo si è ristretto e non può cambiare.
Se non vediamo cose nuove non
possiamo pensare a cose nuove. E restiamo confinati in un mondo asfittico.
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