L’autoconsapevolezza, la
consapevolezza di sé, è un’arma a doppio taglio. Se diventiamo troppo
consapevoli di noi stessi, del nostro ego, perdiamo spontaneità e fluidità e
siamo dominati dall’egocentrismo. Ci sentiamo ambiziosamente al centro del
mondo. Siamo come palloncini gonfiati.
L’eccessiva consapevolezza, infatti,
è ciò che ci blocca: non possiamo più essere in armonia con gli altri e con il
mondo. Nella vita reale, quanto più siamo consapevoli di noi stessi, tanto più
ci irrigidiamo e creiamo barriere.
La consapevolezza di sé è utile per
conoscere se stessi. Ma, quando si irrigidisce nell’illusione di essere un sé a
se stante, accentua ogni separazione.
Allora, ci sentiamo isolati,
estranei, fuori posto, magari “figli di qualche onnipotente Dio”. Ci sentiamo
importanti e perdiamo ogni saggezza.
Questo è il peccato originale di una
coscienza piena di orgoglio.
La saggezza è proprio il contrario. È essere aperti, spaziosi, rilassati,
spontanei.
Il paradosso è questo: che siamo
tanto più noi stessi quanto più ci dimentichiamo di noi stessi e non prendiamo
sul serio l’artificiosa e avida coscienza egoica.
Il sé autentico non è un sé separato,
ma qualcosa che si sente parte (insignificante) del tutto. Solo così può
interagire e fluire nella vita.
La nostra consapevolezza deve essere
così saggia da capire che, dopo esserci divisi e isolati dal tutto per
conoscerci, dobbiamo rientrare nell’essere totale e fluire con esso.
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