Contemplare la non-nascita significa
accorgersi che le cose non nascono mai. Infatti quella che noi chiamiamo
nascita è solo un momento specifico di un processo che non ha avuto inizio qui
e che non finirà qui. Siamo noi che separiamo e isoliamo astrattamente i vari
momenti.
Quando dal latte si estrae il burro,
non possiamo dire che il burro è nato in quel momento e che prima non ci fosse.
C’era già prima, anche se in un’altra forma. Quando dall’acqua si forma il ghiaccio,
non possiamo dire che il ghiaccio sia nato in quel momento: c’era già prima, e,
quando ci sono state le condizioni adatte, si è palesato.
Lo stesso per noi. Ognuno di noi
sembra apparire all’improvviso, ma c’era già prima e, quando ci sono state le
condizioni propizie, si è manifestato. Quello che c’era prima in parte lo
conosciamo: i nostri genitori e i loro genitori e i loro genitori, ecc. Quello
che ci sarà dopo non lo sappiamo, ma sarà qualcosa di simile. Il processo
infatti non si interrompe, non può essere interrotto.
La nostra vita, la nostra nascita,
non può essere un’eccezione.
Per quanto si vada indietro, non c’è
nessuna vera nascita: tutto è già nato e si limita a trasformarsi, ad assumere –
quando ci sono le condizioni – forme diverse.
Contemplare questo flusso che
coinvolge tutto e tutti è contemplare la non-nascita e, in realtà, anche la
non-morte.
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