Diventando sempre più consapevoli, aprendo
la mente, per prima cosa si vede l’unità di tutte le cose. Nessuna è autonoma o
indipendente: ognuna dipende dalle altre.
Prendiamo un tavolo. Il tavolo non
esiterebbe senza l’albero. Ma l’albero non esisterebbe senza il sole, la
pioggia e la terra. A loro volta, il sole, la pioggia e la terra non
esisterebbero senza questo pianeta, e questo pianeta non esisterebbe senza il
sistema solare, e il sistema solare non esisterebbe senza la galassia in cui ci
troviamo, e la galassia non esisterebbe senza le altre galassie e senza l’intero
universo. Dunque in questo tavolo è presente l’intero universo.
Il ragionamento può essere ripetuto
per ogni cosa e per ciascuno di noi.
Ecco ciò che si chiama
interdipendenza. Ogni ente è connesso agli altri e tutti insieme formano un’unica
unità. La realtà, l’universo è un flusso unitario.
La conseguenza è che io dipendo da
tutto, come ognuno di noi. Ma anche il tutto dipende da questo ente infinitesimale
che sono io.
Un tempo si parlava di albero
genealogico, perché s’immaginava che ogni persona fosse un ramo di un unico
albero, il cui tronco era il capostipite della famiglia. In realtà, però, anche
il capostipite aveva un suo albero – e dunque alla fine l’albero dell’umanità
era unico.
Nell’antichità si paragonava il cosmo
proprio ad un albero con le sue varie fronde: l’albero della Vita, l’axis mundi.
Tutte immagini per indicare l’unità
del tutto.
In questo albero unico, i rami e le
fronde emergono dall’interno, per gemmazione, e restano comunque collegate al
tutto. Se ogni tanto qualche ramo si stacca e muore, l’albero resta vivo. Ciò
che muore è una sua piccola parte che faceva parte dell’albero.
Finché noi ci identifichiamo con quel
rametto, possiamo morire. Ma se ci identifichiamo con l’albero, ossia con la
forza universale da cui è scaturito il rametto, non moriremo mai. Sta a noi
capire e identificarci con la parte giusta.
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