Complice la crisi economica
e il ferragosto, ormai la nostra televisione è piena di defunti. Sì, di gente
morta da anni che può continuare a “vivere” nelle infinite repliche dei
programmi. Nel frattempo, i giovani sono diventati vecchi e i vecchi sono…
defunti. Ma in tv continuano a sgambettare, a cantare, a parlare come se il
tempo non fosse passato, in una specie di eternità digitale.
Ormai c’è l’immortalità
virtuale. Non importa se i corpi sono già dissolti o cremati. Questi poveretti
sono costretti a riapparire in eterno.
In tv, ma anche nelle
innumerevoli memorie e registrazioni, i morti non possono trovare la pace.
Certo il problema è grave.
Viene negato il diritto alla scomparsa, all’oblio, all’estinzione,
all’annullamento. Vivremo chissà per quanto tempo con i corpi da una parte, le
immagini e i suoni dall’altra e l’anima definitivamente… confusa.
Ma forse noi siamo già questo, perché, come ci insegna la
fisica, niente muore veramente e i nostri pensieri, i nostri sentimenti, le
nostre voci, sotto forma di impulsi elettromagnetici, continuano a vagare
nell’universo alla ricerca di una nuova reincarnazione.
L’unico che aveva capito la
situazione era il Buddha, il quale diceva che il problema non è morire, ma il
fatto che non si riesce mai a scomparire del tutto – a far svanire le
proiezioni mentali e i riflessi dei nostri ingombranti ego.
Ci pensino coloro che hanno
paura di morire.
Siamo già esseri virtuali
che non riescono a reimpossessarsi della propria autenticità. E infatti non
sappiamo chi siamo, ci sentiamo alienati e vaghiamo alla ricerca della nostra
essenza, ripetendo, ciclo dopo ciclo, gli stessi pensieri, le stesse
sensazioni, gli stessi comportamenti, gli stessi errori, le stesse illusioni.
L’ “eterno ritorno” di
Nietzsche? Sì, come incubo!
Maschere senza volto,
palloni gonfiati di aria, attori pirandelliani che hanno perduto la loro
identità e che sanno benissimo di dover recitare parti non loro, assegnate da
un molesto regista sconosciuto. Ognuno continua a recitare queste parti,
sentendo benissimo di aver dimenticato chi era.
Un’immortalità fantasmatica,
priva di fondamento. E, proprio come i fantasmi, ci agitiamo inutilmente e,
ogni volta che cerchiamo di afferrare qualcosa, non stringiamo nulla di vero,
vita dopo vita.
Eppure, se riconosciamo che
siamo condizionati in tutto e per tutto, e che le nostre esistenze sono recite
vuote, se riconosciamo che siamo dei replicanti, se riconosciamo che tutto ciò
che pensiamo e proviamo è vecchio di millenni e che non abbiamo nessuna
originalità, nessuna autenticità… approfondiamo proprio questa esperienza. Si
tratta di una rivelazione, abbiamo scoperto una verità sulla nostra natura.
E, allora, domandiamoci: chi è che è consapevole di essere una
persona (“maschera”) condizionata. Qual è la parte di noi che ne è cosciente?
Quella parte è proprio la
nostra essenza!