Come il cervello crea la nostra coscienza
Le diverse (ma convergenti) teorie del neuroscienziato Anil Seth, del matematico John Barrow e del fisico Tullio Regge sul rapporto fra cervello, percezione ed evoluzione
Luigi Grassia
Il rapporto fra cervello, mente ed evoluzione si apre a nuove scoperte e interpretazioni
“Come il cervello crea la nostra coscienza”, del neuroscienziato Anil Seth, non è un libro del 2025 (Tuttolibri ne ha scritto circa un anno fa) tuttavia si presta ad alcune considerazioni nuove, sviluppate anche in base a libri di altri autori e a una recente intervista a Seth che gli ha restituito attualità, riaprendo il dibattito.
Cominciamo riassumendo la tesi del libro: il nostro cervello, secondo Seth, non è un passivo ricettore di stimoli, e non è l’interprete fedele della realtà esterna. Invece, è un attivissimo rielaboratore di messaggi, impegnato a tempo pieno nella produzione di ipotesi su quanto i sensi gli consegnano. “Non facciamo mai esperienza dei segnali sensoriali in quanto tali. Facciamo esperienza soltanto delle interpretazioni di quei segnali”.
LE ALLUCINAZIONI CONTROLLATE
Questo porta Anil Seth a un’affermazione forte: “Ogni percezione ed esperienza cosciente non è altro che un’allucinazione controllata”. Allucinazione perché quello che percepiamo non è mai “vero” (i colori, i suoni, le sensazioni tattili, e persino la nostra percezione di noi stessi non hanno alcunché di oggettivo), però non si tratta di pure e semplici allucinazioni, ma di allucinazioni “controllate”, perché esprimono (dice Seth) “predizioni su quanto accadrà”: il cervello stabilisce “quali siano le ipotesi migliori circa le cause dei rumorosi e ambigui segnali sensoriali che riceve, al fine di minimizzare l’errore di predizione”.
Ovviamente questo lavoro non può essere del tutto arbitrario, altrimenti l’organismo (animale o umano) che esegue la procedura non riuscirebbe a sopravvivere neanche per cinque minuti: la ricostruzione ipotetica che fa del mondo esterno deve essere valida. E dal momento che la percezione deve guidare l’azione e il comportamento, il fatto stesso che una linea evolutiva si sia affermata con successo, in una lunga storia di evoluzione naturale, testimonia che le allucinazioni controllate che (via via) l’hanno aiutata a sopravvivere sono sempre state valide approssimazioni della realtà oggettiva; perciò il concetto di realtà oggettiva, che Anil Seth ha cacciato dalla porta, rientra dalla finestra.
PERCHE’ IL MONDO E’ MATEMATICO
In un altro bel libro, dal titolo “Perché il mondo è matematico?”, il fisico, matematico e cosmologo John D. Barrow dà, fra le altre, questa spiegazione in forma di parabola. Barrow immagina che in una fase molto precoce dell’evoluzione, due scimmie, piazzate sul ramo di un albero alto decine di metri, congetturino come saltare sul ramo di un altro albero altrettanto alto. Una delle due scimmie, convinta della realtà effettiva del mondo fisico e delle sue trasposizioni matematiche, dice: “Guarda, ho fatto un calcolo molto preciso. Dobbiamo saltare con una parabola così, mettendoci una spinta così”. L’altra scimmia, molto più sofisticata sul piano filosofico-speculativo, umilia la prima con rilievi sprezzanti: “Ma che cosa credi di aver scoperto con la tua banalissima scienza! Hai scalfito appena la superficie delle cose! Che ne sai, magari viviamo in un Universo a 16 dimensioni! Se proprio una bestia!”.
La scimmia scienziata, profondamente vergognosa della sua grossolanità intellettuale, tace e abbassa la testa; salta sulla base dei suoi calcoli fisico-matematici e approda sull’altro ramo. Invece la scimmia filosoficamente più sofisticata salta nelle sue 16 dimensioni e si sfracella. La prima scimmia si riproduce e trasmette ai suoi discendenti una cognizione del mondo sempre più aderente alla realtà fisica, mentre la seconda non lascia eredi. Ecco, secondo Barrow questo è uno dei principali meccanismi evolutivi che ci hanno portato a sviluppare, da animali e poi da esseri umani, concezioni fisico-matematiche sempre più aderenti alla realtà. Uno dei meccanismi, non l’unico.
LO SGUARDO SUL MONDO DI TULLIO REGGE
Citiamo anche il Premio Einstein Tullio Regge, per molti anni prestigioso collaboratore de La Stampa: “L’essere umano è un prodotto dell’evoluzione darwiniana. La sua struttura mentale e le sue categorie logiche sono state profondamente influenzate dalla lotta per la sopravvivenza nella natura in cui si è evoluto. Conosciamo intuitivamente quelle leggi naturali e quelle regole matematiche che ci permettono di sopravvivere”.
Ci sarebbe parecchio altro da dire sul libro di Anil Seth, ma ci limitiamo a un’osservazione: in una recente intervista ha affermato, come regola generale, che “parte di come sono io è quello che sono nelle menti degli altri"; ma questo crea parecchi problemi. Per esempio in un capitolo del suo libro racconta come il polipo per mimetizzarsi, cambiando colore, sullo sfondo dei colori del suo ambiente naturale, debba tener conto non di come vede i colori lui, ma di come li vediamo noi esseri umani, in maniera diversa dalla sua, o (se è inseguito da uno squalo) deve tener conto di come vedono quei colori gli squali, in maniera ancora diversa. Come è possibile che ci riesca? Il problema viene posto ma non risolto.
Luigi Grassia è autore di “Quell’osso di babbuino lanciato nell’Universo” (Mimesis 2024) su come abbiamo scoperto il Cosmo, in relazione allo sviluppo delle nostre capacità cognitive.
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