Quando
parliamo di meditazione, in realtà ci riferiamo ad un’ampia gamma di tecniche
diverse. Per esempio, la meditazione sul respiro non è la gentilezza amorevole,
la vipassana non è la meditazione col mantra, lo zen non è la meditazione tibetana,
la meditazione sul vuoto non è l’advaita vedanta, la meditazione sulla
trascendenza non è la meditazione sui suoni, e così via. Questo non esclude che
i metodi possano essere alternati o usati contemporaneamente.
Una
distinzione fondamentale riguarda il tipo di concentrazione e quindi il tipo di
sforzo. Una meditazione aperta lascia che il soggetto sia consapevole di tutto ciò che si affaccia alla mente,
senza focalizzarsi su niente e senza escludere niente. Significa in altri
termini accogliere tutto, essere consapevole di tutto.
Invece
una concentrazione chiusa significa scegliere un determinato oggetto, lasciando
perdere ogni altra cosa. Ma anche una stessa meditazione può essere svolta in
modo aperto o chiuso. Per esempio, posso concentrarmi sul respiro così com’è o
posso scegliere un determinato ritmo rigido.
Ognuno
deve scegliere il tipo di meditazione che più gli è congegnale e magari
provarne o alternandone più di uno. Bisogna seguire le proprie predisposizioni
e i propri ritmi circadiani.
Teniamo
però presente che la meta è sempre una forma di liberazione e che da un’operazione
mentale forzata è difficile passare ad una liberazione molto ampia. In tal
senso, il risultato ottenuto è già contenuto nel metodo utilizzato.
Esistono
quindi meditazioni che possono essere considerate preliminari o preparatorie, e
meditazioni di livello avanzato.
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