mercoledì 16 luglio 2025

L' errore della scienza

 

mercoledì 16 luglio 2025

Lo spaziotempo anche come fenomeno mentale

 Quando si parla di spazio e di tempo, o di spaziotempo, non ci si deve mai dimenticare che si tratta non solo di un fenomeno fisico, come crede riduttivamente la fisica, ma di uno spaziotempo vissuto e connesso con la mente che lo percepisce. 

Noi crediamo che lo spazio e il tempo siano semplici contenitori, con noi dentro. Ma non è così. 

Questa osservazione è cruciale.



Quando si parla di spazio e di tempo — o più precisamente di spaziotempo — non si deve mai dimenticare che ciò di cui si parla non è solo un fenomeno fisico, come crede riduttivamente la scienza moderna, ma una realtà vissuta, inseparabile dalla coscienza che la percepisce. Lo spaziotempo è sempre abitatoattraversatovissuto da una mente che ne costituisce il polo complementare. La fisica può descrivere le curvaturespaziali e la dilatazione temporale, ma non può rendere conto del come lo spazio viene visto, del quando il tempo viene sentito. Lo spaziotempo è, in verità, una relazione oscillante tra l’essere e il percepito, tra la vibrazione del mondo e la sua interiorizzazione nella coscienza. È solo in questa diade — fisico e psichico, evento e vissuto, struttura e visione — che il tempo scolpisce realmente lo spazio.



Se spazio e tempo sono una diade, allora la loro relazione non è meccanica ma dinamica, non statica ma oscillatoria. Il tempo non scorre indipendentemente dallo spazio, né lo spazio si estende a prescindere dal tempo. I due poli si modulano a vicenda in una tensione costante: modificare uno significa alterare l’altro. In questa prospettiva, il tempo agisce come uno scultore dello spazio: ne modella la forma, ne curva le linee, ne espande o ne comprime i confini. Quando il tempo rallenta — per intensificazione vibrazionale o per abbassamento della frequenza — lo spazio si dilata, si fa più ampio, fluido, rarefatto. La curvatura del tempo comporta una deformazione del tessuto spaziale. Questa non è solo una verità della fisica relativistica, ma una condizione esperienziale profonda: negli stati meditativi, nei sogni, nelle esperienze liminali, ogni variazione temporale modifica la struttura dello spazio percepito. Lo spazio, in ultima analisi, è una forma visibile del ritmo invisibile del tempo. Esso è il corpo che il tempo assume nel manifestarsi.

Quando il tempo rallenta — per intensificazione vibrazionale o per abbassamento della frequenza — lo spazio si dilata, si fa più ampio, fluido, rarefatto. La curvatura del tempo comporta una deformazione del tessuto spaziale. Questa non è solo una verità della fisica relativistica, ma una condizione esperienziale profonda: negli stati meditativi, nei sogni, nelle esperienze liminali, ogni variazione temporale modifica la struttura dello spazio percepito. Lo spazio, in ultima analisi, è una forma visibile del ritmo invisibile del tempo. Esso è il corpo che il tempo assume nel manifestarsi.


Ciò diventa evidente ogni volta che rallentiamo la nostra attività interiore attraverso meditazione, rilassamento profondo o anche un semplice breve sonno. Al risveglio, lo spazio appare diverso: più luminoso, più nitido, più disteso. Non è lo spazio fisico a essere Ciò diventa evidente ogni volta che rallentiamo la nostra attività interiore attraverso meditazione, rilassamento profondo o anche un semplice breve sonno. Al risveglio, lo spazio appare diverso: più luminoso, più nitido, più disteso. Non è lo spazio fisico a essere cambiato, ma la visione che lo coglie, che si è trasformata. Non si tratta soltanto di un rilassamento oculare, ma di un rilassamento della struttura spazio-mentale con cui l’essere vivente è in risonanza continua con lo spaziotempo. La visione è una funzione oscillatoria, non una fotografia neutra della realtà. Quando il tempo interiore si decontrae, anche la configurazione spaziale cambia vibrazione: lo spazio respira, si apre, si armonizza. Non esiste uno spazio oggettivo in sé, ma una visione oscillante dello spazio, che emerge dall’interazione ritmica tra tempo e coscienza. Per questo, agire sul tempo interiore — rallentandolo — equivale a scolpire lo spazio vissuto.


Quando si parla di spazio e di tempo — o più precisamente di spaziotempo — non si deve mai dimenticare che ciò di cui si parla non è solo un fenomeno fisico, come crede riduttivamente la scienza moderna, ma una realtà vissuta, inseparabile dalla coscienza che la percepisce. Lo spaziotempo è sempre abitato, attraversato, vissuto da una mente che ne costituisce il polo complementare. La fisica può descrivere le curvature spaziali e la dilatazione temporale, ma non può rendere conto del come lo spazio viene visto, del quando il tempo viene sentito. Lo spaziotempo è, in verità, una relazione oscillante tra l’essere e il percepito, tra la vibrazione del mondo e la sua interiorizzazione nella coscienza. È solo in questa diade — fisico e psichico, evento e vissuto, struttura e visione — che il tempo scolpisce realmente lo spazio.

In realtà si dovrebbe parlare di uno spaziotempo-coscienza, di un tutt' uno in cui niente è solo oggettivo o solo soggettivo. La fusione tra soggettivo e soggettivo è già avvenuta , ragion per cui noi possiamo percepire uno spazio e un tempo. Non perché ci siamo dentro, ma perché siamo già fusi. Senza una mente pronto a percepirlo (non necessariamente umana ma una mente percettiva di animali e piante), lo spaziotempo non esisterebbe.

Nessun commento:

Posta un commento