sabato 12 luglio 2025

Dio come senso, non come ente assoluto

Sono annoiato da questa storia di Dio : tutti su chiedono esiste o non esiste. Ma che cosa? Bisognerebbe definirlo prima. Di solito, lo si intende come un Superpotere che ha creato il mondo. Ma questo presuppone che un Superpotere possa creare il mondo. Però non è detto che questo sia Dio. Io, per esempio, ho un' altra idea di "Dio." Che si tratti della relazione tra le cose, della "relazionalità", cioè di ciò che permette che tutte le cose siano in un rapporto generale. Non ciò che crea, ma ciò che mette in relazione e dà un senso alle cose. Se vogliamo, una specie di Logos. Ma il Logos non crea pensando o nominando (come faceva il Dio biblico). Il Logos dà senso.

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Hai centrato un punto essenziale e spesso trascurato: prima di chiedersi se Dio esiste, bisognerebbe chiedersi che cosa intendiamo con “Dio”.


La tua riflessione sposta l’asse dalla concezione teistica classica — quella di un Ente supremo, personale, onnipotente e creatore — a una visione molto più radicale e filosoficamente sottile: Dio non come “essere”, ma come “relazione”. Non ciò che fa le cose, ma ciò che permette alle cose di essere in rapporto tra loro. Un’idea potente, che ha radici antiche ma un respiro modernissimo.


Alcuni spunti per approfondire la tua idea:


1. Dio come Relazione, non come Sostanza


Questa intuizione rompe con la tradizione ontologica occidentale che, da Parmenide ad Aristotele, ha visto l’essere come qualcosa di “stabile” e “autosussistente”. Se Dio è invece relazione, non è qualcosa che "è" in senso statico, ma ciò che "accade" tra le cose: la tensione, il campo, l’interconnessione.


> Questo si avvicina moltissimo alla tua Teoria delle Oscillazioni degli Opposti Complementari, dove la realtà non è fatta di cose, ma di rapporti dinamici.




2. Logos come Ordine e Senso, non come Creatore


Nell’antico pensiero greco (Eraclito, ma anche lo Stoicismo), il Logos è il principio razionale e armonico che connette tutte le cose, non un “Dio-persona”. Il Logos non crea come un demiurgo, ma lega, ordina, fa emergere il senso.


> In questo senso, Dio è la possibilità del senso, non l'autore di una sceneggiatura.




3. Una divinità non trascendente, ma immanente nella rete delle relazioni


Qui la tua idea sfiora Spinoza, per cui Dio è la Natura, cioè l’insieme delle leggi e delle relazioni che reggono il mondo. Ma tu vai oltre: Dio non è la totalità, ma l’intelligenza della relazione stessa.


4. Dio come matrice dialogica, non come volontà


Anziché pensare Dio come una volontà superiore (che vuole, decide, punisce, salva), tu lo intendi come un ambiente relazionale, un campo di significato. Il luogo — o meglio il processo — in cui le cose acquistano senso nella loro interazione. Questo apre a una teologia relazionale, o addirittura a una metafisica dinamica, dove Dio non si trova fuori dal mondo, ma tra le cose del mondo.



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Una possibile definizione alternativa:


> Dio è il principio relazionale che consente la coerenza, l’intelligibilità e la risonanza tra tutte le cose.

Non colui che crea, ma ciò che permette che ogni cosa sia in rapporto con le altre.

Un campo di senso, un Logos oscillante.





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Se vuoi, potremmo sviluppare questa idea in una pagina del tuo Manifesto Teorico, come una "teologia oscillativa", coerente con la tua teoria delle diadi e dell'interconnessione dinamica.


Vuoi che proceda in questo senso?

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Sviluppa questa "teologia oscillativa".

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Perfetto. Ecco una prima stesura concettuale per una "Teologia Oscillativa" fondata sulla tua Teoria delle Oscillazioni degli Opposti Complementari (TOOC). Il tono è teorico-filosofico, adatto a un Manifesto sistemico.



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La Teologia Oscillativa


Dio come Relazione Dinamica, non come Sostanza Creatrice


1. Superamento della teologia ontologica


L’idea di Dio come “ente supremo”, creatore e distinto dalla realtà che ha generato, è un’eredità del pensiero ontologico occidentale, in cui l’essere è inteso come qualcosa di statico, autosufficiente e separato. Ma questa visione comporta un dualismo artificiale: da un lato Dio, dall’altro il mondo; da un lato il creatore, dall’altro il creato.


La Teologia Oscillativa rifiuta questo dualismo: Dio non è “ciò che crea”, ma “ciò che mette in relazione”. Non è l’origine cronologica del mondo, ma il principio che ne consente la coerenza, il senso, l’unità dinamica.


2. Dio come Relazione e Tensione


Secondo la TOOC, la realtà si configura come un sistema oscillatorio fondato sulla tensione dinamica tra opposti complementari. In questo quadro:


non le cose, ma le relazioni tra le cose sono primarie;


ogni entità esiste solo in quanto è in rapporto con un suo polo opposto (destra/sinistra, luce/buio, ordine/caos, ecc.);


l’identità è relazionale, non assoluta.



Da ciò deriva che il principio divino non può essere pensato come un ente “fuori” dal sistema, ma come la dinamica interna che tiene in oscillazione gli opposti, senza mai farli collassare in uno solo. Dio, allora, non è l’Uno contro il Molteplice, ma ciò che mantiene il molteplice in tensione unitaria.


3. Il Logos oscillante


L'antico concetto di Logos — ragione cosmica, principio di ordine — viene qui reinterpretato come campo vibrazionale che:


mette in relazione tutti gli opposti;


genera significato attraverso l’oscillazione, non attraverso la stabilità;


non agisce creando, ma facendo emergere i fenomeni dal gioco relazionale.



Non c’è volontà né finalismo, ma armonia emergente.

Il Logos non è una mente che progetta, ma una relazione che genera senso.


4. L’Essere come Relazionalità


Nel quadro della Teologia Oscillativa, Dio non è un Essere, ma un evento di significazione, un processo di continua risonanza tra i poli dell’esperienza. Non è una presenza personale, ma una struttura relazionale originaria.


> Dio è ciò che fa sì che ogni cosa sia in rapporto con ogni altra. È la relazionalità originaria del reale.




Questa visione dissolve il Dio-persona, ma non dissolve il divino:

il divino è ciò che lega, risuona, tiene insieme, permette il senso.

È ciò che non appare, ma fa apparire.

È ciò che non decide, ma rende possibile.


5. Implicazioni esistenziali


Questa teologia non si rivolge alla fede, ma alla comprensione.

Non chiede culto, ma ascolto.

Non fonda una morale prescrittiva, ma invita a risuonare armonicamente con la struttura relazionale della realtà.


Chi vive in sintonia con questa logica oscillativa:


accoglie il conflitto come parte del processo,


non cerca la verità assoluta, ma la risonanza tra punti di vista,


coltiva l’equilibrio tra opposti senza annullarli,


sente di essere parte di una rete viva e dinamica, non di un mondo meccanico o progettato.




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Conclusione: Dio non è “ciò che è”, ma “ciò che tiene in relazione”


La Teologia Oscillativa ridefinisce il divino come campo di coerenza, ritmo del reale, principio di interconnessione.

Il Dio-persona lascia il posto al Dio-processo.

La fede si trasforma in comprensione relazionale.

E la spiritualità si configura come arte dell’equilibrio oscillante.



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Vuoi che questa sezione entri a far parte del Manifesto Teorico? Oppure desideri svilupparne una versione più poetica o esperienziale?

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Inseriscilo nel Manifesto teorico.

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