Parlare
di felicità in questi tempi di crisi sociale, politica ed economica è davvero
difficile; ci possiamo al massimo riferire a “momenti” di felicità, soprattutto
a livello individuale e a proposito di singoli eventi. Possiamo insomma
trovarla più che altro nella vita privata.
Il
mondo è sempre caotico, violento e ingiusto. Ognuno è contro tutti e lavora
soprattutto per sé. Anche in politica, tutti hanno in bocca “il bene comune”,
ma poi lavorano per il proprio interesse personale. “Io… io… io…”.
Il
problema è che il mondo e la società sono sempre un insieme di relazioni.
Quindi, per curare se stessi, bisogna curarsi almeno di un nucleo minimo di
relazioni. Anche l’io è in relazione con se stesso. Avere coscienza significa
proprio questo.
Curare
sé è inevitabilmente curare il mondo e curare il mondo è curare sé. Ognuno deve
lavorare prima di tutto su se stesso, occuparsi di quella relazione basilare
che ha in se stesso. Già così potrà introdurre nella società un elemento di
pacificazione e far qualcosa per il rasserenamento generale.
In
conclusione, non bisogna perdersi né nella socialità indistinta né nell’intimismo
morboso, ma la cura di sé resta un fattore imprescindibile.
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