L'individuo che pensa di essere un io separato, immerso nel fiume del divenire, entra già nel mondo della sofferenza. Quando siamo felici o gioiosi, scompare addirittura il senso dell'ego. In realtà non ci chiediamo più niente: svanisce la domanda. La mente non è divisa e neppure tesa.
Nella sofferenza, invece, il senso dell'ego è fortissimo e crea barriere che ci separano da tutto e da tutti.
Dobbiamo dunque riflettere sul fatto che, quando siamo rilassati, ci sentiamo bene, mentre, quando prevale la tensione, soffriamo.
Tendersi significa separarsi e penare, rilassarsi significa sciogliersi e gioire. Naturalmente i due stati d'animo sono complementari.
Ora, finché viviamo in questo mondo di opposti, il polo da scegliere e da prolungare il più possibile sarà ovviamente quello della distensione. Ma non ci facciamo illusioni: se c'è l'uno c'è anche l'altro. L'ideale perciò è riandare all'origine di entrambi, uscendo per un momento dal gioco dialettico.
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