Si capisce perché i credenti siano così restii ad abbandonare la credenza in Satana. In fondo, come succede sempre con gli opposti complementari, il Diavolo è il più grande sostenitore della causa di Dio.
Così, chi crede nel Diavolo crede in Dio e chi crede in Dio crede nel Diavolo. I due sono come le due facce di una stessa medaglia. D'altronde, la loro comune origine etimologica è evidente in quel prefisso "di" che indica dualità.
Nella stessa Bibbia, il "serpente" è all'inizio al servizio di Dio. Nel racconto della Genesi, dove il "serpente" inganna Eva, si capisce che lavora alla dipendenze di Dio, anzi è una maschera di Dio stesso, dal momento che contribuisce alla caduta (e alla crescita) della prima coppia, cui si aprono finalmente gli occhi.
Nel libro di Giobbe (2, 1-7), non solo Satana è al servizio del Signore, ma è l'avvocato del processo. D'altra parte, se Dio era onnisciente, come non avrebbe previsto l'intervento del suo alter ego?
Ecco perché nel Vangelo di Giovanni (3, 14), Gesù viene paragonato al "serpente": "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo".
Insomma, Dio e il Diavolo sono una coppia inseparabile: dove va l'uno, va anche l'altro. Soltanto se si concepisce il divino al di fuori della dualità, si esce da questo giochetto infantile delle maschere e si può incominciare a capire qualcosa del divino.
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