La teoria prevalente sull’origine dell’universo è
quella del Big Bang, cioè l’inizio in un dato momento e poi l’espansione. Ma
questa teoria assomiglia troppo ad una specie di creazione biblica, con Dio che
dice: “E sia la luce, e la luce fu”. E poi come pensare a un inizio nel tempo
se prima il tempo non c’era? Potremmo anche chiederci: per quanto tempo il
tempo non è esistito? C’è stato un tempo in cui il tempo non c’era?
Allora esiste l’altra teoria: quella dell’espansione
infinita – l’universo sarebbe esistito da sempre e da sempre si espanderebbe.
Ma anche qui c’è il problema del tempo – da dove salta fuori questo tempo? E
che senso ha parlare di “sempre”? Non corrisponde a nessuna nostra esperienza.
Il fatto è che parlare di inizio, di fine o di sempre
è un semplice schema logico-linguistico. Per noi non esiste altra alternativa. O
un inizio o nessun inizio. Ma si tratta di paradossi.
Questi paradossi nascono dal semplice fatto che il
nostro pensiero è duale. E quindi o l’una o l’altra alternativa. Tertium non datur. E invece il tertium è possibile in un altro tipo di
pensiero, dove non ci sia né il tempo né il senso di scopo. Perché noi
continuiamo a chiederci quale sia lo scopo di tutto questo, cioè non posiamo
concepire niente che non sia soggetto al rapporto di causa-effetto.
Dunque, dobbiamo sforzarci di “pensare” a un altro
pensiero, senza dualismo e senza senso di scopo o di causa-effetto. Per esempio:
bene e male (e tutti gli altri contrari) sono in realtà unitari e non c’è
nessuno scopo nelle cose. Non è poi così difficile da pensare.
L’Origine è proprio questa e prescinde dalla nostra
categorie di mentali e logiche. Perché c’è stato un “tempo” in cui la mente non
esisteva - né l’io.
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