C’è chi cerca la ricchezza, c’è chi
cerca l’amore, c’è chi cerca il potere, c’è chi cerca la fama, c’è chi cerca l’immortalità
e i riconoscimenti sociali, c’è chi cerca Dio, c’è chi cerca la beatitudine, c’è chi
cerca il distacco... ma alla fine sono tutti delusi perché, in realtà, cercano la
felicità, uno stato che su questa Terra non può durare. Tutte queste mete possono anche
essere raggiunte per brevi periodi, ma dopo un po’ svaniscono e lasciano di
nuovo il posto alla scontentezza, all’insoddisfazione, all’infelicità. Niente
può cancellare per sempre la sofferenza, che ritorna immancabilmente.
Il vero problema sta nel fatto che noi
cerchiamo all’esterno - da qualcun altro o da qualcos’altro - una felicità che si
percepisce solo all’interno. E non riusciamo a sfuggire alle varie dualità:
felicità-infelicità, io-altro, amore-odio, giusto-sbagliato, ecc. La stessa
individualità è uno stato di divisione e di isolamento che anela sempre a una
condizione di unificazione e di totalità. O almeno così ci sembra.
Ci sembra sempre che ci manchi qualcosa
che dobbiamo conquistare. Non ci viene l’idea che abbiamo già tutto ab origine e che in realtà sono i nostri
tentativi di ricerca ad allontanarcene.
Il nostro piano di realtà è stato
costruito su una convinzione di ottenimento, di conquista, anziché su quella
dell’assaporamento di ciò che abbiamo, al di là della nostra stessa
individualità. Non siamo io, siamo pezzi di universo; anzi, l'universo stesso che ha già tutto in sé.
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