Forse non riflettiamo abbastanza sulla
parola “infinito”. In realtà non c’è niente nella nostra realtà che possa
essere definito “infinito”. Tutto ciò che vediamo è limitato, tutto ha una
fine. Lo stesso universo, che è enorme, non è infinito. Tutto ciò che vediamo è
finito e avrà una fine.
In un attimo (o in qualche anno o in
qualche millennio) si passa da uno stato di presenza ad uno stato di assenza, e
viceversa. Le cose compaiono e poi scompaiono. Così come in un attimo si passa
dallo stato di veglia allo stato di sonno o dalla vita alla morte e viceversa.
Questa inconsistenza e impermanenza è lo statuto del nostro mondo. Essere
inseriti in uno spazio e in un tempo significa essere destinati a cambiare
continuamente e infine a sparire.
Il monte Everest un tempo era il fondo del
mare, poi è stato spinto in alto e infine diventerà una pianura e scomparirà. Lo
stesso avviene per tutte le cose: emergono per un certo tempo, fanno il loro
percorso e poi scompaiono.
Ma da dove vengono e dove vanno?
Lasciando stare le mitologie e le religioni,
con i loro fantastici Iddii (che nessuno vede), sappiamo che le cose emergono
da un fondo indistinto e poi vi ritornano. Non c’è nessuno che le crei –
emergono spontaneamente.
Per quel che ne sappiamo, tutto è
evanescente, tranne questo fondo, questa specie di deposito, che è la base di
ogni cosa.
Per noi che viviamo al massimo cento
anni, ha poco senso attaccarci al corpo e al nostro ego cosciente. Sappiamo
come finiranno.
Potremmo definire questo fondo un nulla…
ma anche un tutto. Ed è l’unico infinito. È al di là del tempo e dello spazio,
ed è percepibile solo se abbandoniamo in meditazione la nostra volontà di
essere, la nostra sete di vita, i nostri pensieri, i nostri desideri, le nostre
conoscenze e i nostri attaccamenti. Questo è il nulla/tutto che ci attende. E
non è poco… è il vero stato infinito.
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