Quando sei disperato, anche se non te ne
accorgi, c’è una parte di te che ne è testimone (altrimenti come faresti a saperlo?)
e che in realtà è come un punto distaccato, non toccato da ciò che osserva.
Anche quando sei felice o in qualunque
altro stato emotivo c’è un punto di osservazione che non ne viene travolto, ma
osserva impassibile e imperturbabile – come se fosse una telecamera che vede e
registra tutto.
Ora, la tua natura ultima è più vicina a
quella del testimone che a quella emotiva. È un grande occhio che prende nota
di tutto senza farsene coinvolgere.
Meditare è familiarizzarsi con una
visione di questo tipo piuttosto che identificarsi con l’altalena caotica degli
stati d’animo. Finché non mediti sei come un sughero sballottato dalle onde.
Poi, con l’età e con la pratica, scopri che è più saggio assumere la posizione
del testimone (atman) che sta al di
sopra degli stati duali, dei desideri sempre insoddisfatti e delle illusioni e
dei sogni della mente.
Non sei il corpo, non sei la mente – sei
il testimone, che ha già un piede nella trascendenza.
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