giovedì 12 agosto 2021

Teologia negativa

 

Il principio della teologia negativa (o apofatica) è chiaro e semplice: di Dio possiamo dire solo ciò che non è, ma non ciò che è. Dio è bene? No. Dio è amore? No. Dio è giudice? No. Dio è padre? No. Dio è cocienza? No… e così via. Il fatto è che, se Dio (il principio primo o ultimo) è trascendenza e unità, il nostro linguaggio – tutto dualistico – non è in grado di definirlo. Parlare di bene, amore, paternità, ecc. significa utilizzare concetti ed esperienze umane, che niente hanno a che fare con la trascendenza. La trascendenza è tale proprio perché supera ogni definizione mentale.

Quando perciò ci esprimiamo con il linguaggio umano, l’unico che conosciamo, non parliamo della trascendenza, ma di qualcosa a misura umana. In particolare, la trascendenza non è duale, non risponde al principio di causalità e non è non è un individuo separato.

Ora pensiamo a quanto si è sbrigliata la fantasia umana a immaginare gli attributi di Dio. O pensiamo alle prove dell’esistenza di Dio, tutte basate sulla logica umana.

Niente di tutto questo può cogliere il Divino, che si presenta, semmai, solo quando la mente umana si mette da parte. Dobbiamo esserne consapevoli e smettere di ridurre Dio a nostra immagine somiglianza.

Le religioni, con le loro rivelazioni, con le loro teologie, con i loro rituali, con i loro libri sacri, con i loro sacerdoti e con le loro guerre sante hanno fatto scempio di Dio.

Dio non è stato ancora “capito”.

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