Ogni epoca ha le sue metafore per
indicare Dio: il Signore, il Re dei re, il Monarca assoluto, il Creatore, il
grande Orologiaio, l’Architetto supremo o oggi il grande Programmatore.
Qualcuno ritiene infatti che il mondo
sia il frutto di una specie di programma per computer e che il nostro compito
sia infrangere la simulazione e liberarci del Programmatore. Anzi, si aggiunge
che la cosiddetta “materia oscura” sia in realtà l’insieme delle informazioni
fornite alla rete neurale universale.
Ma queste idee sono vecchie come il
mondo, dato che sono una riedizione di quelle già presenti in Oriente da millenni.
Il mondo è un miraggio, un sogno, un
fantasma, un ologramma, un engramma, una scenografia, una commedia, un’apparizione
senza sostanza e senza autore, apparsa spontaneamente. E, come è sbucato,
sparirà – in un attimo. In realtà tutto è un prodotto di una coscienza che si
chiede “chi è” perché si è scissa dall’unità originaria, al di là del tempo,
dello spazio e della consapevolezza stessa. È questa domanda che mette in moto
l’intero divenire, con la comparsa dell’individualità e di tutte le categorie
di opposti.
Il cosmo sembra solido, ma provate a chiedere
a un fisico che da che cosa sia composta questa materia-massa-energia – nessuno
lo sa. È composta da pacchetti di vuoto o di nulla.
Per capirlo, dobbiamo uscire dall’illusione
Dio-io ed espandere la coscienza oltre i muri immaginari che le nostre
operazioni di separazione e distinzione hanno creato. Il cosmo è semplicemente
un’esperienza che fa la nostra mente, perché tutto è configurazioni di
coscienza, dal granello di polvere alle galassie.
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