Il problema di tutti è che siamo troppo
coinvolti, identificati, attaccati noi a noi stessi, come pezzi di scotch, come
adesivi. Non so se capite.
Siamo talmente aderenti che non
riusciamo a distinguere quale sia il nostro vero sé. Crediamo che tutto ciò che
proviamo costituisca ciò che noi siamo, il nostro ego, la nostra mente, la
nostra personalità psico-fisica. Quelle esperienze siamo noi?
Fino a un certo punto. Sono esperienze
che appartengono alla nostra individualità. Ma c’è una distinzione fra la
nostra individualità e ciò che veramente siamo.
C’è chi vive in prima persona, c’è chi è
cosciente – ma c’è anche chi osserva tutta questa attività e se ne sta in
disparte, senza partecipare. C’è chi conosce il mondo e c’è chi conosce il
conoscitore. Diamogli un nome: atman,
Sé.
Non dobbiamo scoprirlo con un
ragionamento astratto. Mentre piangiamo, ridiamo, calcoliamo, speriamo, amiamo,
odiamo, cioè mentre viviamo la nostra vita abituale, c’è chi osserva e rimane distaccato, non coinvolto.
Osservatevi mentre vivete tutte queste
esperienze e scoprirete che c’è un osservatore in voi che rimane separato. Lui
non è coinvolto e non viene sbattuto qua e là come il vostro povero ego che
assomiglia a una foglia al vento. Lui non si identifica con gli stati altalenanti
del vostro animo e se ne sta imperturbabile a osservare il caos della vostra
vita.
Fate questo esperimento varie volte durante
la giornata, fino a trovare questo centro di pace. Dis-identificatevi dal vostro corpo-mente e radicatevi in questo soggetto
trascendentale che è il vostro ultimo Sé. Ne trarrete benefici immensi.
Salirete al di sopra del piccolo ego e del piccolo mondo, e da lassù
osserverete immobili il mobile panorama dei disastri umani.
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