venerdì 1 gennaio 2021

Luci e ombre

 

In varie religioni e mitologie (e perfino nella scienza) si ricorre alla metafora della luce per raccontare la creazione. Dio accende la luce là dove non c’era che tenebra. Il mondo viene creato accendendo la luce che illumina l’universo. Dio è la luce e i suoi nemici sono il buio. E da quel momento si ingaggia una battaglia tra luci e tenebre, fra bene e male, fra chi costruisce e chi distrugge… Et fiat lux!

(Ma già questo quadro non è reale. Gli opposti non sono affatto antinomici, poiché si sostengono a vicenda.)

Allora una domanda sorge spontanea. Dove stava Dio fino a quel momento? Stava alla luce o al buio? Perché, se era alla luce, allora il buio lo ha creato lui. E, se era al buio, allora che Dio della luce era?

Oppure stava in un terzo stato? Né luce né tenebre, oltre la luce e le tenebre. Ma a questo punto la nostra immaginazione si arrende.

No, lasciamo stare queste antiche metafore dualistiche, dove affonda lo stesso Creatore, con il suo rapporto di causa-effetto.

All’inizio e alla fine non c’è niente di tutto questo, per il semplice motivo che non c’è la mente umana.

La mente divina, qualunque cosa sia, è oltre il dualismo e le contrapposizioni della mente umana. E chi ha creato il mondo (o ciò che ha creato il mondo) non aveva la nostra razionalità divisiva e distintiva.

Questo ci pone gravi problemi. Perché, se il nostro pensiero non è in grado di pensare l’origine, dobbiamo ricorrere ad un’altra facoltà. Che noi chiamiamo meditazione. Ossia, la capacità di osservare con distacco il lavorio mentale e l’opera della coscienza, identificandosi non più con ciò che percepiamo e pensiamo, ma con il testimone di tutto ciò, che è il ponte fra questa dimensione e la dimensione originale.

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