giovedì 31 dicembre 2020

Il particolare e l'universale

 

In estrema sintesi, potremmo dire che la coscienza è la manifestazione principale del divino e che essa è presente in ogni essere vivente, in misura maggiore o minore. E quindi tutti sono divini, anche se se lo sono dimenticati.

Esistono però un divino manifesto e incarnato negli esseri viventi e un divino non manifesto e non incarnato.

Il problema è che il divino, nel momento in cui si incarna in un corpo e in un individuo, aliena se stesso; e sta all’individuo, attraverso a meditazione, lo sforzo di recuperare la propria integrità generale, la propria universalità.

Così, quando ci ricordiamo chi siamo, quando facciamo uno sforzo per essere consapevoli della nostra consapevolezza, è il divino che recupera se stesso, al di là del corpo e della mente.

Uno dei limiti del divino incarnato è l’attaccamento alla vita. Tutti gli esseri viventi sono attaccati fondamentalmente alla vita e, se potessero, vivrebbero per sempre o comunque migliaia di vite – trascurando il fatto che dovrebbero comunque vivere altre migliaia di morti e subire altre paure e sofferenze.

L’unico per modo di uscire da questo circolo vizioso è familiarizzarci con la nostra stessa consapevolezza depurandola dagli attaccamenti e dagli interessi personali, fino a trovare la sua natura ultima, che non è neppure più una coscienza duale, ma qualcosa di intero e universale.

Con la meditazione usciamo dall’individuale e ci ricordiamo chi siamo realmente. Siamo la trascendenza stessa.

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