martedì 5 gennaio 2021

Cavie da esperimento

 

Siamo giunti al punto in cui ci si pone un dilemma: il mondo è qualcosa di degenerato o qualcosa di non ancora evoluto? Degenerato nel senso che prima era pura coscienza e poi si è imprigionato nella vita materiale (ma perché avrebbe fatto questo errore? Che ci guadagna?). Non ancora evoluto nel senso che è il prodotto di una forza che si fa strada faticosamente da un’oscurità primordiale e cerca di sviluppare una coscienza di sé (il Dio che verrà).

Nella prima ipotesi siamo ancora al mito della caduta e del peccato originale; nella seconda ipotesi siamo ad una visione evoluzionistica.

Agli effetti pratici, la situazione non cambia – il mondo resta una realtà arretrata, limitata e insoddisfacente. Ma, in prospettiva, mentre la prima ipotesi è negativa e senza speranza di miglioramento, se non in un ipotetico aldilà o in continue rinascite riparatrici, la seconda ipotesi lascia aperta l’idea che, col tempo (tanto tempo), le cose possano migliorare.

I prezzi da pagare sono comunque alti – non possiamo limitare le sofferenze e dobbiamo lottare tutti i giorni contro enormi ostacoli. Questa è la realtà qui e ora. Non bella, non consolante. E, soprattutto, almeno nel secondo caso, non c’è niente di sicuro. L’esperimento può sempre fallire.

E le cavie siamo noi.

Ma le cose non sono così tragiche. Entrambe le ipotesi si fondano su un presupposto: che il tempo sia qualcosa di oggettivo. Mentre, una volta sparita la coscienza, svanisce anche quella sua particolare proiezione che è il tempo.

Agli occhi di Dio, ovvero dopo  la morte, tutto è nel presente e non ci sono più né percorso né meta.

Dio non fa nulla – non deve far niente. È la mente che crea e proietta tutto, tempo compreso. Quindi, non si tratta che di giochi.


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