Ci sono tre generi o, meglio, tre livelli di
vita inautentica. Il primo è colui che finge di essere quello che non è. Per
esempio finge di essere coraggioso mentre è un vigliacco, finge di essere forte
mentre è debole, finge di essere generoso mentre è avaro, finge di essere
religioso e morale mentre è un corrotto… È l’ipocrita, così bene descritto da
Gesù. Ma costui, almeno, sa di esserlo.
Poi c’è colui che segue la moda, le
convenienze, le convenzioni, le tradizioni, le credenze comuni, il “così si
dice”, al punto tale che non sa più chi è, perché non ha una personalità
definita. È come un sughero in balia delle onde. Non ha opinioni proprie. È un opportunista.
Ma al terzo livello di inautenticità ci
troviamo tutti, perché nessun uomo ha uno statuto preciso, una funzione, uno
scopo, un valore. Sappiamo di essere vivi, ma non sappiamo perché e per che
cosa.
Sappiamo di esistere, ma ci rendiamo conto
di non avere una consistenza durevole. Siamo destinati a durare qualche anno e
poi a sparire. Tutto lì. Siamo come fantasmi, siamo come personaggi di un film
o di una tragicommedia. Anzi, comparse. Recitiamo una parte, ma, al di sotto di
quella, non sappiamo chi siamo veramente.
Siamo come attori che assumono le vesti del
loro personaggio, ma poi, dismesse quelle maschere, si domandano angosciati quale
sia la loro vera personalità.
E non c’è nessuna risposta, per il semplice
fatto che siamo davvero comparse in un universo che è un immenso spettacolo
fantasmagorico, destinato a spegnersi senza lasciare niente di sé.
La nostra vera identità sta altrove… nel
tutto o nel niente.
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