sabato 7 novembre 2020

Oltre i limiti della mente

 

Chissà perché la gente crede che per diventare santi si debba soffrire. Come se la vita stessa non fosse la più grande sofferenza. Se vi avessero detto che per nascere dovevate rimanere nove mesi in un viscere di vostra madre, avreste accettato? E perché vi mettete a piangere non appena nascete? Poi, col tempo, dovrete invecchiare, ammalarvi, indebolirvi e morire. Vi sembra una bella prospettiva?

I cristiani hanno per simbolo una croce, cioè un patibolo, uno strumento di tortura. Senza rendersene conto, hanno intuito quale sofferenza sarà la vita. Ma, allora, perché ringraziano per il “dono della vita” e desiderano un’altra esistenza, magari con lo stesso corpo?

Per chi capisce, la morte è la più grande liberazione.

Ma i più sono confusi, illusi, fuorviati, credono che la realtà sia tutta qui.

In effetti, la nostra mente duale non può capire. Capire per noi significa comprendere con la mente. Ma c’è un’altra comprensione che non usa la mente. Noi crediamo che senza l’intelletto non si possa fare nulla. Eppure gli elementi e le piante non hanno un cervello, sono intelligenti e vivono ugualmente. Ma anche il testimone della coscienza non ha bisogno di una ragione.

Tutta la nostra conoscenza si basa sull’assunto che le cose e i processi debbano essere razionali. La nostra mente ha bisogno di materie, di sostanze, di dualità, di contrapposizioni, di sogni, di miti, di ideali e di apparenze; ha bisogno di logica e di razionalità. Ma questo è un restringere e un condizionare la comprensione. E così non capiamo che cosa può essere la realtà senza una mente che la interpreta.

Anche Dio abbiamo costruito a nostra immagine e somiglianza. E lo consideriamo una grande Mente. Ma non è così. Dio non ragiona, non ama e non odia, non ha inizio e non ha fine. Ed è tutto.

 

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