sabato 21 novembre 2020

Comprendere la realtà ultima

 

Molte religioni credono che ci si salvi l’anima facendo del bene. Ma, a parte il fatto che spesso non è chiaro che cosa sia il bene, noi pensiamo che ci si salvi comprendendo le cose. Nel primo caso, c’è sempre bisogno di un Dio che giudichi e ricompensi; nel secondo non c’è bisogno di nessun salvatore esterno, e la stessa comprensione, trasformata in azione, è il fattore salvifico.

Se sono su una nave che affonda, posso certo sperare che qualcuno mi salvi; ma sarebbe meglio aver imparato a nuotare e conoscere la direzione per raggiungere la terra.

Ma comprendere come stanno le cose è molto difficile, perché noi siamo vittime di una specie di allucinazione che ci fa vedere solo ciò che proiettiamo noi stessi con la nostra mente.

Non a caso sempre più studi scientifici mettono in evidenza come vi sia più di un’analogia fra cervello e universo. Per esempio, il numero dei neuroni corrisponde al numero delle galassie e inoltre vi sono somiglianze nella struttura a filamento di entrambi, tra l’acqua nel cervello e la materia oscura, nella densità spettrale, nel numero medio delle connessioni di ciascun nodo, ecc.

 È come se il nostro cervello fosse un universo in miniatura, oppure è come se il nostro cervello proiettasse se stesso nell’universo. In breve, si conferma l’idea di certe filosofie orientali secondo cui il mondo che vediamo è una nostra stessa proiezione.

Ecco perché, quando ci domandiamo quale sia il reale, non troviamo mai un senso o il bandolo della matassa. La nostra logica comprende questo mondo, ma non è la stessa su cui si basa la realtà ultima. Per capire qualcosa della realtà ultima, oltre il nostro dualismo, bisogna far tacere la mente con le sue contrapposizioni e i suoi concetti. Altrimenti vi troviamo solo ciò che noi stessi vi abbiamo messo dentro, compresi Iddii e anime, e giriamo a vuoto.

 

 

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