La gioia di esistere è un fatto istintivo. Basta guardare i cuccioli di tutti gli animali, noi compresi, che giocano e si divertono. Se non ci fosse questo piacere, la vita si sarebbe estinta già da un pezzo. Ma il mondo è duale e, se volete la gioia, dovete prendervi anche il suo contrario.
E quindi gli esseri umani (e anche non umani) passano di continuo da un estremo all’altro. Ogni stato d’animo ha il suo opposto.
Poiché la gioia è un fatto naturale, non serve a nulla cercare di ottenerla con sforzi e artifici. Anzi, più la cerchiamo, più ce ne allontaniamo. È più utile togliere che aggiungere.
Vi sono anche gioie dovute a conquiste, vittorie, successi, scoperte e a tutto ciò che la mente ha elaborato. Ma anche queste comportano i loro opposti: perdite, sconfitte, fallimenti, delusioni, ecc.
Insomma non c’è niente di duraturo. E questo è già un marchio negativo. Ci saranno sempre insoddisfazione e sofferenza.
Ora, la domanda è: bastano le poche gioie a compensare le angosce e i vari dispiaceri? Ognuno potrà dare la sua risposta, basata sui risultati della propria vita. Ma il saggio contempla questo panorama e trova che sia sconfortante.
C’è evidentemente un grave “difetto di fabbricazione” (proprio un peccato originale - ma da parte di chi?) nello statuto del mondo. Rispetto a ciò che c’era prima si è creata una crepa, una divisione, un fallo che rende instabile il tutto (da qui il divenire) ed è destinato prima o poi a far esplodere la bolla, facendola rientrare là da dove era scaturita. E nessuno ne sentirà la mancanza.
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