La coscienza è sì la creatrice di questo
mondo, dato che permette la visione e la comprensione secondo determinate
categorie, ma è la creatrice di un mondo duale. E, finché c’è dualismo, c’è
divisione, contrasto, lotta e dunque sofferenza. Quando invece ci ritiriamo
dalla coscienza del mondo e applichiamo la coscienza a se stessa, otteniamo uno
stato di consapevolezza pura che è privo di sofferenza.
Ora, fin da adesso potremmo fare questa
esperienza, seppure in modo discontinuo e confuso. Ma, dato il nostro sistema
di vita con i suoi molteplici impegni e con le sue distrazioni, è difficile per
noi fare una meditazione prolungata e profonda.
Inoltre, ben poco dipende dalla nostra
volontà: non siamo certo nati per una nostra decisione. E così moriremo,
volenti o nolenti. La morte è già inscritta nel nostro DNA.
La vecchiaia dovrebbe essere il periodo
della vita in cui dovremmo tirare le fila delle nostre esperienze e praticare
di più la consapevolezza della vita e della morte. Ma una dissennata filosofia
ci spinge ad apparire e a comportarci da giovani, come se il tempo non ci
avesse completamente segnati e cambiati.
Così se ne va un’occasione preziosa e
gli uomini vivono come cani ammaestrati, che fanno ciò che viene imposto loro
dai tanti padroncini del mondo.
Meditazione è anche ribellione al modo
di vivere che va per la maggiore, è essere anticonformisti nel senso migliore
del termine.
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