È impossibile
per noi conoscere ed essere consapevoli senza dividere e contrapporre – questo è
il problema. Ecco perché tutta la nostra conoscenza risulta viziata in
partenza: non siamo in grado di capire che la nostra comprensione è impotente a
conoscere come stanno veramente le cose.
Il punto di
partenza è la distinzione primaria fra soggetto e oggetto. Il soggetto vorrebbe
conoscere se stesso, ma non può farlo, perché si trasforma ogni volta in un
oggetto per se stesso. E dunque ciò che conosce non può essere il soggetto
conoscitore.
E poi la nostra
conoscenza prosegue per contrapposizioni: verità contro falsità, buono contro
cattivo, inizio contro fine, alto contro basso, vita contro morte, amore contro
odio, giusto contro ingiusto, ecc. È come avere in mano i due capi di una corda
e non riconoscere che non sono due elementi diversi, ma sempre la stessa cosa;
oppure le due facce della stessa medaglia.
Noi continuiamo
a dividere e a contrapporre ciò che invece è una realtà unitaria.
Proviamo per
esempio a capire che bene e male o inizio e fine non sono contrapposti. Non è
facile perché per noi l’uno estremo esclude l’altro. Non vediamo l’unità,
frammentiamo e spezzettiamo.
Il nostro modo
di conoscere non riguarda solo il significato, non è solo un fatto concettuale.
Ma crea veramente un mondo duale. Poiché tutto ciò che esiste è determinato
dalla coscienza, se la coscienza è duale, tutto ciò che conosciamo lo è.
Come fare a
uscire dal dilemma?
Il mondo è un’apparenza
distorta, una proiezione mentale. E anche noi per noi stessi.
In realtà è l’atto
stesso del conoscere che spezzetta tutto. Ma, all’inizio, tutto è uno.
Infatti in
origine c’è qualcosa che non è consapevole e che non conosce se stesso. E la
coscienza, di cui ci vantiamo tanto, ne è una degenerazione.
Come facciamo a
saperlo? Lo intuiamo a malapena.
Gentile Lamparelli,
RispondiEliminariporto, di seguito, un brano tratto dal libro di Alan W. Watts "La saggezza del dubbio": "Il vero motivo per cui la vita umana può essere così totalmente esasperante e frustrante non è l'esistenza di fatti chiamati morte, dolore, paura o fame. La cosa pazzesca è che, quando questi fatti sono presenti, noi ci giriamo intorno, ci agitiamo, ci dimeniamo, corriamo via, tentando di sottrarre l' 'Io' all'esperienza. Fingiamo d'essere delle amebe e cerchiamo di proteggerci dalla vita dividendoci in due. La salute mentale, l'interezza e l'integrazione risiedono nella comprensione che non siamo divisi, che l'uomo e la sua esperienza presente sono una cosa sola, e che è impossibile trovare un Io o una psiche separati."... Le chiedo: il ragionamento, o forse la realizzazione, del filosofo inglese mette in crisi la figura del Testimone, dell'Osservatore distaccato dei travagli della personalità? Grazie...
Grazie per queste perle di vera filosofia
RispondiEliminaIl Testimone o l'Osservatore distaccato scopre proprio che siamo un tutt'uno, frammentato attualmente dalla fede nell'individualità e dall'azione divisiva della coscienza.
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