mercoledì 31 marzo 2021

Il pensiero primitivo

 

C’è gente che, guarita dal covid, va a fare pellegrinaggi in qualche santuario per ringraziare Dio, la Madonna, Gesù, lo Spirito Santo o un santo. È una storia che si ripete da millenni. Come se la guarigione fosse dovuta a qualche intervento esterno delle divinità o dei santi. Ma tutti quelli che sono morti? E tutte le volte che nessuno interviene?

È la solita rozza mentalità. Se le cose ci vanno bene, è il merito di un intervento divino. E se ci vanno male?

Ci si può sempre inventare qualche diavolo o qualche nostra indegnità.

La realtà di questa mente è sempre spaccata in due – quel “due” la cui radice indoeuropea si trova anche in Dio e in Diavolo - due facce della stessa medaglia. Non c’è niente da fare. Manca una visione unitaria meno puerile.

martedì 30 marzo 2021

La guerra universale

 

Se cerchi lo stato di pace nel mondo, sei nel posto sbagliato; e per mondo intendo l’universo. Il quale si regge su un divenire continuo (ma inconcludente), sulla lotta di ogni specie contro l’altra, di ogni individuo contro l’altro e di ogni individui contro se stesso.

Quando Gesù predica l’amore è consapevole di questo problema. Ma, quando si illude di risolverlo con un po’ di buona volontà, non ha capito né la creazione né il Padre. Che non è pace, ma contesa.

I saggi lo avevano capito e consideravano l’amore un’illusione.

Il mondo si basa sul contrasto tra forze che sono state costruite per tenersi vive attraverso il combattimento reciproco. E l’amore non è la soluzione, ma una delle forze in lotta.

Lo stato di trascendenza

 

Il corpo si forma per misurare il piacere e il dolore, la mente si forma per misurare il bene e il male, l’inizio e la fine, l’alto e il basso, ecc., e la coscienza si forma per misurare il senso della propria presenza.

Ma, prima di tutto ciò ( e anche dopo), c’è lo stato al di là del piacere e del dolore, del bene e del male, ecc. e del senso dell’io. È qualcosa di indescrivibile, perché non ci sono né parole né concetti per spiegarlo.

È lo stato di trascendenza che noi scambiamo per Dio. Ma questo stato è anche prima del Dio della mente.

lunedì 29 marzo 2021

Diradare il mistero

 

Poiché crediamo di essere immersi in un certo mistero, tutti vorremmo conoscere la Verità, Dio, la Trascendenza, l’Origine, la Realtà Ultima o comunque vogliamo chiamarla. Ma qualunque cosa conoscessimo, non sarebbe Quella – sarebbe un prodotto della mente condizionata. Il che significa che il codice o la lingua con cui conosciamo non è il codice o la lingua con cui il mondo è stato creato o si è manifestato.

E poi chi conoscerebbe? Dopo la fine di questo corpo e di questa mente, non c’è nemmeno più il soggetto del conoscere o del fare esperienza… A meno che non tirassimo fuori le storielle di un Dio creatore e dell’anima – concetti che rientrano nella nostra ignoranza.

Con Dio e con l’anima, abbiamo dato una certa spiegazione… che però non spiega niente. Perché sono concetti che non sappiamo se corrispondano a qualcosa di reale.

Comunque non c’è bisogno di ricorrere a figure mitologiche né a concetti mentali. Seguiamo il filo della realtà. Ciò che resta dopo la morte non ha bisogno né conoscere né di fare esperienza. E quindi le nostre attuali spiegazioni sono inutili, una pretesa della mente, un sogno, un’illusione. Lì è l’origine dell’ignoranza.

Allora non rimane più nulla?

Ecco un altro concetto.

sabato 27 marzo 2021

La nostra volontà

 

Essere consapevoli è avere il senso della nostra presenza. Ma è veramente nostra, o questa è l’illusione primaria?

Ci attribuiamo una coscienza individuale senza accorgerci che ci ritagliamo erroneamente un pezzetto della coscienza universale. E da qui discende l’illusione di essere degli io dotati di una volontà propria. Ma quale controllo abbiamo sulla nostra esistenza?

In realtà siamo all’interno di un tutto unitario che determina ogni evento, compreso ciò che riteniamo nostro.

Una nuova verità

 

Leggo che “per il principio di sovrapposizione quantistica, la relazione di causa ed effetto tra due eventi è indefinita: vale a dire che può essere simultaneamente vero sia che A è la causa di B, sia che B è la causa di A”. E mi domando: Dio è la causa dell’uomo o l’uomo è la causa di Dio? O entrambe le cose?

In tal caso la ricerca di una verità univoca andrebbe gettata via.

La realtà è molto più complicata, sorprendete e difficile da capire per una mente che è limitata dai principi di non-contraddizione, di causa ed effetto e dal dualismo dialettico.

C’è ancora chi ricerca la verità in questo modo.

Bisogna rifare la nostra scienza e la nostra filosofia, cioè dobbiamo rivedere struttura della nostra mente.

venerdì 26 marzo 2021

Una trinità piccola piccola

 

Il Dio uno e trino… capolavoro della cultura cattolica italiana – quella del trasformismo. Un po’ di qua e un po’ di là, un po’ su e un po’ giù, un po’ a destra e un po’ a sinistra, un po’ angelo e un po’ demone, un po’ onesto e un po’ mascalzone… Oppure il gioco delle tre carte: solleva una carta e dimmi dov’è Dio!

E poi il gioco della famiglia divinizzata: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (che in ebraico, ruah, è femminile). Cioè il Padre, il Figlio e la Madre. Tipicamente italiano: anche Dio tiene famiglia…

Neanche tanto originale, visto che anche nella religione egizia c’era lo stesso triade divina di padre, madre e figlio.

Ma il vero limite è la mancanza di trascendenza, fare del cielo un proiezione della struttura umana. Qui siamo alla mediocrità, all’incapacità di immaginare qualcosa di non terragno.

Nessun dubbio sull’impossibilità della cultura cristiana di concepire un Dio trascendete.

D’altronde, l’incarnazione di Dio, cioè la riduzione a misura umana, è ciò che la contraddistingue e che è all’origine del suo successo.

Lasceremo ad altre religioni il compito di capire che cosa sia la Realtà Ultima.

giovedì 25 marzo 2021

La vittoria sulla morte

 

I cristiani credenti dicono che Gesù è morto e risorto. Ma noi come facciamo a saperlo? Dobbiamo dar fede alle favole evangeliche?

E, in ogni caso, dopo è morto ancora.

E allora cos’è stato? Uno spettacolino illusionistico?

La verità è che non c’è vita senza morte e viceversa. Se volete capire la Realtà Ultima, dovete percepirla al di là dei concetti duali di vita e di morte, al di là del gioco illusionistico vita-morte.

Se vuoi vincere la morte, devi vincere anche la vita.

Il Dio di questo mondo

 

Un tempo pensavo che Dio fosse una specie di supercoscienza o supermente. Poi mi sono accorto che non è così. In verità, il Dio di questo mondo è sì la coscienza, ma la coscienza non è la Realtà Ultima.

Il Dio di questo mondo è la coscienza nel senso che l’intera manifestazione è una proiezione della coscienza, una specie di spettacolo illusorio.

Ma la Realtà Ultima è al di là del potere proiettivo della coscienza che, come in un cinematografo o in uno spettacolo pirotecnico, fa apparire le cose, senza però dar loro alcuna consistenza.

La Realtà Ultima

 

Dio non ha bisogno di esistere per essere. A dir la verità, non ha neppure bisogno di essere per… (mancano le parole).

Ma perché continuare a chiamarlo Dio? Il concetto di Dio è troppo usurato per impiegarlo ancora. Meglio chiamarlo Realtà Ultima (RU).

La Realtà Ultima non è il Dio delle religioni tradizionali. Non serve niente pregare la Realtà Ultima, che è al di là di tutti i nostri concetti, fra cui quelli di essere e di non essere, di inizio e di fine.

È la nostra stessa realtà: dobbiamo trovarla “in noi” e percepirla. A quel punto, tutto avverrà spontaneamente e sarà la vera pace.

 

Non c’è modo in questo mondo, in questa vita, di trovare una soddisfazione duratura. Perché un essere vivente è sempre contrassegnato da desideri, da mancanze, da bisogni continui.

L’essere è essere insoddisfatti.

Se rimaniamo all’interno di questa realtà, saremo come foglie al vento. Qui non c'è niente di fisso e di duraturo - siamo in preda ad un vorticoso divenire.

mercoledì 24 marzo 2021

Esseri divini

 

Il nostro atteggiamento fondamentale è quello dell’accumulo. Come accumuliamo denaro, così accumuliamo concetti, nozioni e conoscenze. In tal modo pensiamo di diventare sempre più forti, più sapienti e più potenti – fino a diventare esseri divini. Per noi, infatti, Dio è colui che può tutto e sa tutto, l’Onnipotente e l’Onnisciente.

Quanto ci sbagliamo! Dio è ciò che non può niente e che non sa niente… perché non ha bisogno né di ottenere né di sapere.

A noi serve il potere perché ci mancano tante cose e ci manca la vera comprensione, la quale non è un accumulo di nozioni, ma la liberazione da tutti i concetti e le immagini.

Dio è ciò che non ha bisogno di esistere per essere. A dir la verità, non ha neppure bisogno di essere per… (ci mancano inevitabilmente le parole), perché è al di là tanto dell’essere quanto del non essere.

lunedì 22 marzo 2021

L'informale

 

Quando si invita ad aver fede in qualcosa è perché non c’è modo di esperirla. Questo vale per esempio nel caso di un Dio esteriore, altro da noi.

Ma, se l’Assoluto è in te, allora non c’è bisogno di nessuna fede. Devi esserlo e basta. Dimorare nel Principio ultimo è esserlo.

Realizzare il Sé non significa diventare o raggiungere qualcosa, ma scoprire in sé questa dimensione. Lasciamo dunque da parte l’idea che Dio sia un personaggio determinato, finito, in un tempo e in luogo preciso, alla maniera dei Cristo, dei Krishna o dei Buddha divinizzati dagli uomini.

C’è chi è limitato in un tempo, in un luogo, in una persona storica, in un ego, in un corpo, ecc., e c’è chi è al di là di tutto questo. Ecco il Principio ultimo.

Nel Vangelo di Giovanni, a Gesù viene fatto dire: “Prima che Abramo fosse, io sono”. Non si riferiva ad una priorità della sua figura, ma a ciò che è eterno e che non è qui o là o nel tempo o nello spazio, ma al fondamento ultimo di ogni cosa.

domenica 21 marzo 2021

La malattia mortale

 

Quando scopriamo che una persona cara è stata colpita da una grave malattia che, presumibilmente, la porterà alla morte, veniamo presi da paura, disperazione, angoscia, rabbia. Pensiamo a quanto ingiusto e implacabile sia il mondo e a quanto soffriremo. E piangiamo forse più su noi stessi, che veniamo abbandonati, che sulla persona cara.

Ma, a pensarci bene, ci troviamo sempre in questa situazione, sia noi che gli altri. Infatti siamo tutti affetti da una malattia mortale che si chiama vita.

Ci consoliamo pensando che tutti dovremo morire, perché questa è la volontà divina. Ma come può essere l’opera di un Dio trascendente questa mortalità? Come può dall’eterno e dall’immortale nascere la morte?

No, c’è certamente qualcosa che non va nella nostra idea di Dio.

Dio ci fa nascere e poi ci fa morire? Ma cos’è, un crudele gioco di prestigio?

Se l’Assoluto, l’Origine, è al di là tanto della vita quanto della morte, allora questo stupido gioco in cui le cose prima appaiono e poi scompaiono è il prodotto di una mente che ha perso di vista la realtà - o immagina o sogna.

Svegliamoci, e usciamo dal sogno della vita-morte. Non è reale.

venerdì 19 marzo 2021

La grande inciviltà cattolica

 

Finalmente un paese cattolico come la Spagna approva l’eutanasia: chi soffre di una malattia che risulta incurabile e che provoca sofferenze intollerabili può chiedere il suicidio assistito. Da noi, invece, ci si può buttare solo dalla finestra o spararsi un colpo in testa.

Da noi la politica non arriva nemmeno a discutere la legge, perché l’Italia è un paese assoggettato alla Chiesa cattolica, un paese che ha rinunciato alla propria autonomia in campo etico e lascia campo libero alla grande inciviltà cattolica.

I cattolici amano tanto la sofferenza. Poiché il loro Dio è morto torturato, vogliono che tutti vengano torturati prima di morire. E, a questo scopo, hanno inventato l’idea che la sofferenza aiuti a redimere. Ma di sofferenze ce ne sono tante in vari momenti della vita e particolarmente alla fine dell’esistenza. E nessuno migliora per questo.

La vita la si difende non facendo “vivere” qualche giorno di più i malati terminali e gli incurabili o impedendo perfino gli aborti terapeutici, ma togliendo le sofferenze inutili.

L’eutanasia non è una “resa alla morte” – come dice qualche prelato. È chi mette al mondo la vita che mette al mondo la morte. E la resa alla riproduzione senza limiti sta portando alla distruzione del pianeta. Perché è chiaro che molti problemi attuali – comprese le pandemie - nascono dalla sovrappopolazione, da chi non vuole porre il problema delle nascite.

giovedì 18 marzo 2021

Giudicare per condannare

 

“Chi sono io per giudicare?” aveva esordito il Papa argentino alla sua elezione riferendosi agli omosessuali. Ed ecco che ora si smaschera. Non solo giudica ma aggiunge che non si possono benedire le unioni gay.

Questi sono i metodi della Chiesa cattolica, nata proprio per discriminare e giudicare, come tutte le organizzazioni del genere delle varie religioni. Distinguere tra noi e gli altri, stabilire ciò che è permesso e ciò che è vietato e, naturalmente, imporre comandamenti e condannare.

Come se Dio fosse un giudice e loro fossero autorizzati a farne le veci (e scusate la modestia). È così che si acquisisce potere nelle coscienze umane. È così che nasce il Dio della Bibbia, che subito condanna la prima coppia, tanto per stabilire chi comanda.

Ma Dio non giudica, Dio non è un curato di campagna. L’Assoluto non emette né giudizi né condanne. Non ha niente a che fare con i preti e con le religioni, con i premi e con i castighi.

Dio è al di là del bene e del male e non sa che farsene dei nostri giudizi. Dio comprende tutti, nel duplice senso di capirli e di vederli uniti.

D'altronde, qualcuno non aveva detto: "Non giudicate per non essere giudicati!"?

I piccoli individui riducono il Divino alla loro dimensione.

mercoledì 17 marzo 2021

Oltre la coscienza divisiva

 

Uno dei percorsi meditativi più comuni è chiedersi spesso: “Chi sono io?” rendendosi conto che ogni volta che rispondiamo non siamo soddisfatti. Infatti non siamo mai ciò che crediamo di essere. L’unica cosa certa è che abbiamo un certo corpo, una incerta personalità e una mobilissima mente. Ma chi siamo veramente non lo sappiamo. Siamo solo sicuri che tutto ciò non è permanente e finirà presto.

Siamo orgogliosi della nostra consapevolezza, però sappiamo che anche quella coscienza finirà con la nostra morte. Se perciò cerchiamo qualcosa di duraturo (non oso usare la parola “eterno”), dobbiamo andare al di là del corpo, della mente, dell’io e della stessa coscienza.

Il fatto è che la coscienza non è in grado di rispondere a domande sul soggetto ultimo o primo perché è la fonte di ogni dualismo. Ciò che conoscerà sarà un altro oggetto o concetto.

Allora, c’è qualcosa che per esistere non ha bisogno neppure della coscienza?

Sembrerebbe impossibile. Ma dobbiamo ammettere che in teoria, per uno stato assoluto, la coscienza, in quanto funzione dualistica, sarebbe uno stadio degenerativo. L’Uno non ne avrebbe bisogno.

La coscienza è emersa spontaneamente un giorno da una non-coscienza.

C’è dunque uno stato ulteriore oltre quello della consapevolezza.

lunedì 15 marzo 2021

La conoscenza duale

 

È impossibile per noi conoscere ed essere consapevoli senza dividere e contrapporre – questo è il problema. Ecco perché tutta la nostra conoscenza risulta viziata in partenza: non siamo in grado di capire che la nostra comprensione è impotente a conoscere come stanno veramente le cose.

Il punto di partenza è la distinzione primaria fra soggetto e oggetto. Il soggetto vorrebbe conoscere se stesso, ma non può farlo, perché si trasforma ogni volta in un oggetto per se stesso. E dunque ciò che conosce non può essere il soggetto conoscitore.

E poi la nostra conoscenza prosegue per contrapposizioni: verità contro falsità, buono contro cattivo, inizio contro fine, alto contro basso, vita contro morte, amore contro odio, giusto contro ingiusto, ecc. È come avere in mano i due capi di una corda e non riconoscere che non sono due elementi diversi, ma sempre la stessa cosa; oppure le due facce della stessa medaglia.

Noi continuiamo a dividere e a contrapporre ciò che invece è una realtà unitaria.

Proviamo per esempio a capire che bene e male o inizio e fine non sono contrapposti. Non è facile perché per noi l’uno estremo esclude l’altro. Non vediamo l’unità, frammentiamo e spezzettiamo.

Il nostro modo di conoscere non riguarda solo il significato, non è solo un fatto concettuale. Ma crea veramente un mondo duale. Poiché tutto ciò che esiste è determinato dalla coscienza, se la coscienza è duale, tutto ciò che conosciamo lo è.

Come fare a uscire dal dilemma?

Il mondo è un’apparenza distorta, una proiezione mentale. E anche noi per noi stessi.

In realtà è l’atto stesso del conoscere che spezzetta tutto. Ma, all’inizio, tutto è uno.

Infatti in origine c’è qualcosa che non è consapevole e che non conosce se stesso. E la coscienza, di cui ci vantiamo tanto, ne è una degenerazione.

Come facciamo a saperlo? Lo intuiamo a malapena.

domenica 14 marzo 2021

L'ignoranza primordiale

 

Noi crediamo che la coscienza e la conoscenza siano le massime facoltà degli esseri umani, ed è vero rispetto alle altre forme di vita; noi possiamo essere consapevoli di noi stessi e possiamo conoscere tante cose. Però non ci dimentichiamo che la coscienza e la conoscenza nascono per sopperire a mancanze. In tal senso nascono da un’ignoranza primordiale.

Quando nasciamo siamo ignoranti, di noi stessi, degli altri e del mondo.

Possiamo quindi supporre che esista uno stato che, per “essere” non abbia bisogno né di coscienza né di conoscenze. Questo sarebbe lo stato perfetto. Non avrebbe bisogno di queste facoltà perché “vivrebbe” ad un altro livello di “esistenza”. Non avrebbe bisogno di coscienza perché sarebbe unitario, non frammentato.

Con la nascita in questo mondo, tutto ciò cambia, ed ecco la necessità di una coscienza (inevitabilmente duale) e di tante conoscenze (frammentarie).

Anche quando diciamo: “Conosci te stesso”, ammettiamo che partiamo da una condizione di ignoranza.

In conclusione il mondo nasce nell’ignoranza e dall’ignoranza, ed ha poi bisogno di arrancare faticosamente per recuperare qualcosa dello stato originario. Ma è un’impresa disperata: più accumuliamo conoscenze, più diventiamo consapevoli, più siamo confusi e perdiamo unità e coerenza.

Più conosciamo, meno sappiamo – dicevano i saggi.

In realtà avremmo bisogno di un atto di sintesi suprema, sia a livello di coscienza sia a livello di conoscenze.

giovedì 11 marzo 2021

Immagini di Dio

 

Non basta dire che si crede o non si crede in Dio, bisogna vedere a quale immagine di Dio si crede o non si crede. Noi occidentali purtroppo abbiamo un’immagine di Dio tramandataci dalla Bibbia ebraica – francamente un’idea ridicola: quella di un Dio che parla come un uomo, che stringe alleanza con un popolo (e gli altri?), che dà ordini e comandamenti, che si arrabbia, che litiga, che interviene nelle guerre, che è geloso degli altri dei, che cambia idea, che comanda gli eserciti… insomma una specie di pupazzo ispirato all’immagine degli antichi despoti orientali e che pretende lo stesso tipo di fedeltà e ubbidienza.

Qualcosa del genere c’era già stata con gli dei greco-romani, tanto vari quanto cialtroni, anche loro capaci di scendere sulla terra e accoppiarsi con donne e uomini comuni dando origine a strani individui, mezzi divini e mezzi umani.

Queste immagini saranno poi riprese dal cristianesimo, con il suo Dio mezzo divino e mezzo umano, che nasce da una madre terrestre, che soffre, che viene crocifisso, che muore e che, naturalmente, risorge… per poi sparire di nuovo…

Dall’Oriente ci viene un’idea completamente diversa: non un personaggio, non una personalità, non un Creatore, non un Capo potente, arbitrario  e bizzoso che vuole premiare e punire coloro che lui stesso ha fatto, che vuole dirigere la storia (con esiti infausti), che ha un disegno per tutti e per tutto (addossandosi una pesante responsabilità) - ma uno stato dell’essere.

Uno stato dell’essere (anzi, al di là anche dell’essere e del non-essere) non dà ordini, non interviene a favore di qualcuno o contro qualcuno, non dà premi o castighi, non crea un mondo basato sul dualismo e sulla contesa e, soprattutto, non è un Dio separato che se ne sta in cielo o in qualche empireo ad aspettare e a giudicare i morti. Si può dire quello che non è, ma non quello che è. Neti neti è scritto nelle Upanishad: né questo né quello. Non si può nemmeno dire che esista, perché è al di là tanto dell’esistere quanto del non-esistere.

Siamo lontanissimi dagli Iddi greco-romani, biblici, cristiani, islamici, induisti o di qualunque altra religione. Abbiamo a che fare con un vera Trascendenza che non può essere pregata, ma solo ritrovata “dentro di noi” (in quanto nostra vera natura) quando rinunciamo a definirla e ci mettiamo in meditazione, ossia quando cerchiamo di percepirla al di là della mente pensante con la sua individualità e razionalità limitate.

martedì 9 marzo 2021

Le colpe di Dio

 

Gli autori della Bibbia volevano sì esaltare la grandezza, la potenza e la condiscendenza del loro Dio, ma si rendevano conto che il mondo non era affatto un posto pacifico e piacevole. Come superare la contraddizione? Inventando la storia del peccato originale. Avendo disubbidito al loro padrone, Adamo ed Eva erano stati puniti.

Qui usciamo dalla mitologia ed entriamo nella realtà: tu, donna, partorirai con dolore; e tu, uomo, lavorerai col sudore della tua fronte. In breve, il mondo è un luogo di sofferenze per tutti: buoni e cattivi, fortunati e sfortunati. Chi più chi meno. La verità salta fuori – e non è bella.

Ma da buoni partigiani, quegli antichi autori compiono una nefandezza attribuendo solamente all’uomo la colpa del dolore terrestre. E non è così. Anche se tutti gli uomini fossero dei santi, il male non sparirebbe, così come si evince da quell’altro mito di Giobbe, dove il poverette viene torturato da Dio pur essendo un uomo retto.

Dunque la verità viene fuori: bene e male, piacere e dolore, gioia e sofferenza, vita e morte, ecc., sono sempre compresenti, e se vuoi l’uno devi accettare anche l’altro.

Ma di chi è la colpa di questo meccanismo duale?

Se credi in Dio, la colpa non può che essere la sua. Se non ci credi, è comunque delle leggi costitutive dell’universo.

lunedì 8 marzo 2021

Bisogno di protezione

 

Perché gli uomini credono in Dio? Fondamentalmente per un bisogno di protezione e per dare un senso (semplicistico) alla loro vita.

Ma perché c’è tanto bisogno di protezione e di senso? Perché la vita è incerta e spesso finiamo in situazioni da cui non sappiamo come salvarci. Ed ecco il bisogno del salvatore.

Se però Dio è proprio il creatore di tutto questo, che senso ha rivolgerci per protezione proprio a Lui? È un po’ come una resa senza condizioni. Proprio come il Cristo sulla croce. Io mi arrendo, sia fatta la tua, non la mia, volontà.

Ma, così facendo e credendo, non hai lo stesso nessuna certezza. Tutto è nelle mani di un Potere che non capisci e su cui non hai alcun controllo. Devi aspettare la sua misericordia o i suoi inspiegabili capricci. “Gesù abbi pietà di me peccatore” invoca la preghiera del cuore.

 Per fortuna ci sono buone probabilità che il mondo sia nato spontaneamente. E dunque non c’è più bisogno di pregare un Creatore che non interverrà mai.

Quindi, anziché sprecare energie e tempo a umiliarci, riconosciamo che il potere che ha dato vita al mondo è in tutte le cose e anche dentro di noi – e rimbocchiamoci le maniche.

 

Ci sono voluti secoli e millenni a riconoscere che gli dei non esistevano. Eppure gli uomini ci credevano innalzando templi e facendo sacrifici propiziatori.

Dove sono finiti tutti quegli dei?

Nello stesso posto in cui finirà l’attuale Dio unico.

Adesso ci vorranno secoli e millenni a capire che Dio non è il Padrone o il Creatore del mondo, ma uno stato dell’essere. Non c’è quindi nessuno da pregare, da invocare e di fronte a cui genuflettersi, inchinarsi e umiliarsi.

Dobbiamo in realtà recuperare quello stato fondamentale che abbiamo perso nel rumore, nell’ignoranza e nella confusione del mondo - o che non abbiamo ancora acquisito.

Credere a qualcosa di errato, fosse puro piacevole e consolatorio, è sempre sbagliato, perché prima o poi ha conseguenze dolorose.

 

Cinema, teatro, televisione, romanzi, viaggi, feste, droghe, religioni… evadiamo, evadiamo, perché per guardare in faccia la realtà ci vuole coraggio. Nietzsche diceva: “Se tu guardi nell’abisso, l’abisso guarderà in te”.

Eppure è proprio questo che dobbiamo fare, perché è dall’abisso che noi veniamo, perché l’abisso è dentro di noi.

 

domenica 7 marzo 2021

Quando la recita è finita

 

Il mondo è come uno spettacolo di luci, forme, odori, sapori, contatti e tante tante immagini che ci abbagliano e ci coinvolgono. E gli uomini sono tanto spettatori quanto attori. Recitano la loro parte sul palcoscenico ridendo, piangendo, amando, odiando…

Ma poi lo spettacolo finisce e gli attori si ritrovano smarriti – non sanno bene chi sono. Quando recitavano una parte lo sapevano, ma ora?

Ed ecco che subentrano la depressione e lo smarrimento.

Finché rimanevano l’eccitazione e l’energia della recita, andava tutto bene. Però ora devono fare i conti con se stessi. E scoprono che non sanno chi sono.

Sanno solo che non sono i loro ruoli, i loro personaggi. E intuiscono che sotto c’è qualcos’altro, qualcun altro. Ma non riescono a trovarlo.

Il problema è che cercano un’altra parte, un altro personaggio, qualcosa da recitare. E qui non si recita più. Qui sono finiti tutti i ruoli. Qui bisogna trovare qualcosa di autentico, ossia quel qualcosa o quel qualcuno che non ha bisogno - per essere - di esistere, di dimenarsi, di fare, di apparire, di recitare.

Un rozzo Dio

 

Vorrebbero convertirci, vorrebbero convincerci che esiste un Dio e che si è incarnato in un uomo preciso, nato il giorno tale e morto il giorno tale, con tanto di madre e di padre (terreno e celeste – un po’ di confusione.

Mai una religione è stata così piccola, così terragna, così materiale.

E poi vorrebbero farci credere che questo uomo-dio abbia fondato una religione e una Chiesa.

Siamo ancora a livello di religioni pagane, con i loro dei che vanno e vengono, che salgono e scendono, che s’accoppiano con donne terrestri e partoriscono figli.

Questa fantasia ha milioni di credenti, il che ci dice a che basso livello si trovi ancora l’umanità.

È come la moneta cattiva che scaccia la buona - questa rozza immagine di Dio, concepita dagli antichi ebrei e tramandata a cristianesimo e Islam, ha scacciato un’idea più elevata di trascendenza. E i più sono ancora fermi lì.

Eppure ci sono religioni ben superiori a questa grossolana immagine del Divino.

giovedì 4 marzo 2021

Esiste Dio? La qualità dell'esistere

 

"Esiste o non esiste Dio?"

"C’è o non c’è Dio?"

Sono queste le domande che masse ignoranti si pongono da millenni. Non sanno le poverette che il vero Dio – non il pupazzetto che si adora sugli altari ma l’Assoluto – è ciò che non ha bisogno né di esistere né di essere.

Infatti è proprio ciò che è al di là dell’esistere e del non esistere, dell’essere e del non essere. Non abbiamo il verbo giusto perché per noi, per il nostro linguaggio, per la nostra mente, le cose o sono o non sono.

Pensiamoci un po’: oltre all’essere e al non essere, che cosa “c’è”, che cosa “è” possibile?Non riusciamo neanche a immaginarlo.

Tutto il contrario della prova ontologica di sant’Anselmo, per la quale l’ente più grande che si possa pensare (Dio) non può non avere l’attributo dell’esistenza. Ignorava il meschino che l’attributo dell’esistere o dell’essere non sono gli attributi più grandi, ma qualcosa già di decaduto. “C’è” qualcosa di più grande e non pensabile, che non è mai nato e mai morirà.

Adesso, quanti millenni ci vorranno perché le masse lo capiscano e smettano di attribuire all’Assoluto la qualità dell’esistere?

La realtà trascendente non può essere così piccola da ridursi a essere.

martedì 2 marzo 2021

Il sogno della vita

 

Quando facciamo un sogno, ci sembra di muoverci, di spostarci, di viaggiare, di volare… Ma poi, quando ci svegliamo, ci rendiamo conto che non ci siamo mossi dal letto e che tutto è avvenuto nella nostra mente.

Lo stesso accade in quel lungo sogno che è l’esistenza. Tutto ciò che avviene si verifica solo nella nostra mente. Non a caso esiste un’analogia fra la struttura della mente e la struttura dell’universo.

Un giorno ci sveglieremo e scopriremo che la nostra vita non è stata che un sogno e che noi – il nostro vero Sé – è sempre stato lì, senza muoversi né cambiare.

La vita dunque ha la stessa consistenza di un sogno – e, per i più sensibili, di un incubo.

Non a caso l’illuminazione viene chiamata anche “risveglio” e può essere assaggiata già ora.


Come cani

 

Certi credenti sostengono che c’è un Creatore che ha fatto il mondo e tutti gli esseri viventi, che li sorveglia e che un giorno li giudicherà. Darà loro premi o castighi non solo in base a come si sono comportati, ma anche se sono stati fedeli o no. Se avrai avuto fede in Dio, sarai premiato; se non lo avrai fatto, sarai punito.

La fede dunque come fedeltà – neanche fossimo dei cani.

Ma che c’entra questo con l’Assoluto? L’Assoluto non distribuisce premi e castighi. Non ha bisogno della nostra fedeltà. E non segna su un taccuino le nostre mancanze. È al sopra, è aldilà. Non è un curato di campagna con il suo confessionale.

E noi non siamo come cani. Non abbiamo bisogno di Padroni cosmici cui essere fedeli. Abbiamo bisogno di liberarci di ogni servaggio.

Un triste Dio

 

È impossibile credere ad un Dio tutto bontà e amore che crea un mondo dove nascere è sofferenza, divenire è sofferenza, invecchiare è sofferenza e morire è sofferenza. Tutti gli esseri viventi stanno soffrendo perché mancano sempre di qualcosa, se non altro di cibo o di aria – provate a restarne senza e ditemi se non è una sofferenza.

La creazione è sofferenza, perché si basa sulla privazione e sul conseguente desiderio, perché ogni attimo che acquistiamo ne perdiamo un altro… fino alle perdita finale. Se fosse l’opera di un Creatore, questi sarebbe un triste Dio.

È invece evidente che il mondo si è creato spontaneamente, con tutte la mancanze e gli errori del caso.