martedì 17 aprile 2018

L'esercizio del vuoto


Noi vediamo le cose come se fossero composte solo da una sostanza piena. Per esempio, se prendiamo un tessuto, crediamo che sia composto sola di stoffa e non vediamo che la trama della stoffa è in realtà composta anche da tanti punti vuoti. Ma, senza quei vuoti, il tessuto non potrebbe esistere. Questo vale per qualsiasi altra cosa, compreso lo spazio, il tempo e la mente. Il vuoto, la struttura discreta della materia visibile e invisibile, è ciò che permette il funzionamento del tutto.
Esercitiamoci per esempio a notare lo spazio vuoto tra due pensieri. C’è sempre e si può osservare. Arriva un pensiero e, prima che passi e ne arrivi un altro, c’è come un attimo di vuoto. Lo stesso può dirsi della respirazione: tra un’espirazione e un’inspirazione (o viceversa) c’è un attimo di vuoto.
Questo vuoto è essenziale, dato che senza di esso niente potrebbe essere.
Perché dovremmo stare attenti a questi attimi di vuoto? Perché in essi si manifesta il fondamento della nostra essenza, che è sostanziata di calma, di silenzio e di non-essere. Il non-essere è essenziale all’essere, è la sua base.  
Al fondo dell’essere non c’è un altro essere, ma un vuoto. Ed è da questo che ha origine e ritorna tutto. Anche in vita, quando ci sentiamo smarriti o oppressi da mille preoccupazioni e quando perdiamo la via e non sappiamo né che fare né dove andare, ritorniamo al nostro fondamento trovando questi momenti di vuoto, di silenzio, di tregua, di non-essere. Lì ritroveremo il nostro equilibrio e la nostra energia.
Di solito crediamo di risolvere i problemi concentrandoci e pensando ancora di più. Ma, ritornando al vuoto, ritorniamo alla nostra origine che sa di che cosa abbiamo bisogno e che ci conduce, volenti o nolenti, sulla sua - o nostra - strada.

Nessun commento:

Posta un commento