giovedì 28 ottobre 2021

Vincere la paura

 

La verità-realtà dovrebbe essere qualcosa che non muore, eterna. Ma il mondo in cui viviamo segue un altro modello che potremmo definire di creazione-distruzione, di nascita-morte – non solo per quanto riguarda le cose al di fuori, ma anche quelle dentro.

Siamo sempre in guerra contro gli altri e contro noi stessi, e siamo sempre a contare chi nasce e chi muore. Le guerre esterne sono visibili a tutti, mentre quelle interne sono invisibili ma non meno aspre. Per esempio, lottiamo contro parti di noi stessi che non approviamo: la rabbia, l’invidia, la gelosia, l’impazienza, la lussuria, la distrazione, la violenza, ecc. Poiché ci sembrano parti negative cerchiamo di annientarle, senza capire che sono un tutt’uno con le parti che riteniamo positive.

Il modo di capire il nostro mondo è molto semplice: ciò che muore, ciò che finisce, ciò che scompare (dopo essere comparso per motivi a noi ignoti) non è vero, non è reale, è apparente, è provvisorio, è illusorio, è pauroso.

Quando abbiamo paura, cerchiamo di fuggire, di negare o di distruggere. Ed è per questo che il conflitto non cessa mai e, con esso, le nascite e le morti.

Ora cambiamo modello. Se restiamo fermi e concentrati a guardare il mondo che muta, entriamo in un’altra dimensione.

È come stare su un aereo avendo paura di volare. Quando abbiamo paura, ci nascondiamo, chiudiamo gli occhi, cerchiamo di non guardare.

Ma, se vogliamo vincere la paura del divenire, è meglio sedersi davanti al finestrino o nella cabina del pilota e abituarci a guardare con la massima attenzione il paesaggio, noi stessi, l’aereo e tutto.

Aprire gli occhi e contemplare con presenza mentale è il modo migliore per vincere la paura ed entrare nella dimensione di ciò che non nasce e non muore.

3 commenti:

  1. Buongiorno!
    Ultimamente nei Suoi post usa spesso la parola "presenza mentale".
    Lei stesso, in un post precedente ha scritto "È dunque sbagliato parlare di “presenza mentale” – dovremmo parlare di presenza non-mentale o presenza non-condizionata."
    Eppure lo continua ad usare, qui addirittura come via d'uscita dalla paura...ha per Lei forse un altro significato o è un concetto diverso?
    Dobbiamo forse comunque usare la mente, anche per essere presenti?
    Alla fine è sempre la mente che ci fa percepire la presenza oltre la mente...solo che ora è diventata chiara e limpida? O quella sensazione di presenza pura e illimitata e di pace e benessere è sempre al di là della mente?
    Grazie.
    Alexandra

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  2. Purtroppo non possiamo fare a meno della mente, anche quando cerchiamo di superarla. Lo scopo della meditazione sarebbe quello di trascendere la mente convenzionale, il linguaggio e i concetti e le sensazioni dualistiche. Ma è chiaro che il processo è guidato fino a un certo punto dalla mente stessa, una mente che non vuole affatto farsi mettere da parte. C'è sempre una resistenza e una paura fondamentale.
    E' come fare un tuffo da un trampolino: ci avviciniamo alla punta guardinghi e paurosi - ma alla fine che cosa ci fa decidere di saltare? Non è più la mente prudente e tremebonda; è un lasciarsi andare, un lasciar andare, un affidarsi al tutto sperando in bene, una specie di coraggio o di incoscienza. Per questo si parla di non mente.
    Ciò che ci fa saltare è già al di là della mente, è il "non" della mente.

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  3. Grazie!
    Buona giornata.
    Alexandra

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