venerdì 22 ottobre 2021

Avvicinarsi all'incondizionato

 

Se noi viviamo nel condizionato, se tutto ciò che sperimentiamo nasce e muore, appare e scompare, inizia e finisce, se ogni nostro pensiero, se ogni nostra sensazione è condizionata, come facciamo a capire l’incondizionato? Di che cosa parliamo? Parliamo di qualcosa che non conosciamo.

E allora i nostri discorsi sono chiacchiere filosofiche, semplici esercizi intellettuali, pensieri in libertà, senza alcun costrutto, senza alcuna realtà.

Il fatto è che noi possiamo guardare il proliferare dei pensieri e ci rendiamo conto che nascono l’uno in seguito all’altro, l’uno in seguito ad altre condizioni. Li guardiamo e capiamo che vanno e vengono e che non sono la verità. Non possiamo né dire né pensare l’incondizionato.

Però proprio questo è l’incondizionato – lo abbiamo in un certo senso delimitato. Di qua c’è la conoscenza condizionata, di là c’è il non conosciuto. Con questo non conosciamo l’incondizionato, ma possiamo dire che è in quella terra conosciuta. E che gli siamo più vicini quanto più riconosciamo di non conoscere.

Perché quanto più riconosciamo di non conoscere, tanto più delimitiamo il campo dell’incondizionato, del non conosciuto. Non è un po’ questo che facciamo con la meditazione? Delimitiamo il campo. Un po’ come Cristoforo Colombo che non sapeva che cosa c’era  laggiù, oltre il mondo conosciuto, ma che sapeva che, se c’era qualcosa, era laggiù.

Non troviamo né Dio né realtà trascendenti, ma riconosciamo la loro dimensione, il loro spazio.

Resta il fatto che è solo quando svuotiamo la mente dal noto, dal conosciuto, che ci avviciniamo allo spazio del l’incondizionato. E, per far così, dobbiamo riconoscere mille o diecimila o un milione di volte che l’incondizionato non è né questo né quello…

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