venerdì 16 ottobre 2020

Il testimone di tutto

 

Evidentemente siamo molto affezionati al nostro corpo. Se dovessimo dire chi siamo, risponderemmo senza esitazioni che siamo la persona che ha quel corpo. La nostra individualità dipende da quel corpo e dal cervello che gli è collegato.

Ma qui sorge un problema. Mentre è facile individuare il nostro corpo, è più difficile identificare la nostra mente, la nostra psiche, che è quanto mai variabile e dai confini imprecisi.

A dir la verirà, anche il corpo si modifica di continuo. Se guardiamo una foto di quando ervamo bambini, riusciamo a stento a riconoscere che siamo gli stessi di allora - molto è cambiato, sia a livello del corpo sia a livello della psiche. Dunque la nostra identità è incerta. Non solo: è destinata a scomparire.

Dobbiamo perciò ammettere che, se ci esaminiamo bene, sappiamo solo superficialmente e all’ingrosso chi siamo. Siamo quelli lì... e un giorno non troppo lontano moriremo e svaniremo.

Ma qui ci viene in aiuto un’osservazione: colui che dice tutto questo non si identifica né con il corpo né con la mente. È piuttosto una specie di testimone che osserva distaccato entrambi.

L’incertezza esistenziale e l’angoscia ci vengono proprio da questo testimone. Che però, inaspettatamente, è anche un’àncora di salvezza.

Se ci identifichiamo con questo testimone più che con il corpo-mente, abbiamo la possibilità di distaccarci e di posizionarci in un altrove diverso da quello fisico e da quello psichico. C’è in noi una presenza che è altra rispetto al corpo e alla mente. Proprio l’incertezza e l’angoscia ce lo confermano. Noi siamo quel corpo-mente, ma siamo anche altro.

La cultura della meditazione ci dice che dobbiamo addestrarci a identificarci più con questo testimone che con il resto della nostra individualità, sempre compromessa, confusa e dai confini incerti.

Questo testimone che per il momento è individuale, è in realtà la coscienza unica che ha dato vita al mondo, ma che non si identifica con esso. C’era prima e ci sarà dopo.

 

 

 

 

2 commenti:

  1. Signor Lamparelli, lei dice che l'incertezza e l'angoscia ci vengono dal testimone, mi chiedevo come visto che lo stesso e' impertubabile.. credo di non aver afferrato il concetto. Cordiali saluti

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  2. L'incertezza e l'angoscia ci vengono dal testimone che si rende conto di quanto il nostro mondo sia uno spettacolo grandioso ma evanescente. Tuttavia il soggetto che prova questi sentimenti è l'io che fa parte del mondo, non il testimone che si limita ad osservare.

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