La nostra vita si svolge
a momenti - momenti di gioia e momenti di infelicità, momenti buoni e momenti
cattivi. In un’esistenza normale, questo alternarsi di momenti dipende dalle
circostanze, ossia da eventi esterni; e quindi noi non siamo padroni di niente.
Ci sembra di agire, ma in realtà siamo agiti. Ma ecco che entra in campo la
meditazione, che è lo sforzo di ritornare padroni di noi stessi, non lasciando
agli eventi esterni il compito di determinare come siamo, come ci sentiamo.
In meditazione per prima cosa ci rendiamo conto di essere
come sugheri in balia delle onde e cerchiamo di creare una zona di stabilità. Osservando
gli stati mentali, riconosciamo di trovarci in mezzo a un mare burrascoso.
Vediamo come siamo ansiosi, eccitati, febbrili, confusi e condizionati. Sono
gli altri, sono le circostanze che determinano gli stati della nostra mente,
del nostro essere. Non noi. Anzi, siamo così abituati ad affidarci all’esterno
che, se cerchiamo un po’ di pace, siamo costretti ad andare magari in vacanza o
a ricorrere all’alcol, ai medicinali o alle droghe. Ma, anche se andiamo in un
posto meraviglioso, se incontriamo persone amabili e se per un po’ ci sentiamo
tranquilli, la cosa dura poco; e, in più, non possiamo difenderci dai nostri
stessi pensieri o dai ricordi.
La meditazione fa un lungo e profondo lavorio di
osservazione e, riconoscendo gli eventi e le emozioni disturbanti, le nostre
tendenze abituali, ne prende le distanze. Questo “prendere le distanze” crea un
certo spazio di tranquillità, di calma e di lucidità che ci permette,
attraverso un continuo addestramento, di uscire dalle tempeste della vita e di dimorare
in uno stato di pace, il più stabile possibile.
Chi medita deve dunque chiedersi, non se ha raggiunto la
visione di paradisi, ma se è meno instabile, se è meno attaccabile dalle
emozioni disturbanti e dagli eventi esterni. Più si risiede in questo stato di
pace, più si prendono le distanze dalla vita ordinaria e si vedono le cose con
più chiarezza, dimorando in uno stato vasto e rilassato.
Naturalmente, poiché tutte le esperienze fatte in questo
mondo, sono transitorie, anche queste esperienze di meditazione sono destinate
a finire. Ma l’importante è sforzarci continuamente di rinnovarle, uscendo
dalle grinfie degli stati condizionati. Un conto è essere dominati al cento o
al novanta per cento e un altro conto è essere dominati al venti o al trenta,
nella consapevolezza di esserlo.
Non stiamo parlando di cose da poco né di stati mistici.
Stiamo parlando della qualità del nostro soggiorno in questa Terra e, per chi
ci crede, anche dopo.
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