Meditare assomiglia a camminare in una nebbia fitta o nel fumo. Si vede tutto a stento e confuso, ci si muove a tentoni, non si sa bene dove si sta andando, ma si cerca di vedere meglio, di vedere con chiarezza. Oppure assomiglia a un miope che ci vede male e che cerca di mettersi un paio di occhiali: ne prova parecchi; all'inizio fa fatica, ma poi trova quelli giusti.
Anche san Paolo scriveva che quaggiù noi vediamo "come in uno specchio", ma un giorno vedremo "a faccia a faccia". È sempre la vecchia idea che qua si veda confusamente e scarsamente, ma che si possa vedere con più chiarezza.
La differenza tra Oriente e Occidente sta nel fatto che il secondo pensa che, per vedere con più chiarezza, si debba attendere la morte, e che "vedere" significhi incontrare qualcuno "a faccia a faccia". Il primo invece pensa che quaggiù ci si debba addestrare a schiarire la mente e che si debba incontrare non una "persona", seppure divina, ma la realtà ultima.
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