Secondo il buddhismo tibetano, esistono quattro situazioni in cui possiamo sfuggire al controllo della mente, con tutti i suoi effetti distorsivi, e vedere la realtà ultima. Queste quattro situazioni sono intervalli, più o meno lunghi, in cui cessa il potere proiettivo della mente.
Il primo è quello del sogno, in cui scompare la realtà dello stato di veglia e si entra in un altro spazio. Il secondo è quello della meditazione, in cui la mente dimora in uno stato di assorbimento o 'samadhi'. Il terzo è quello della morte, che è presente nei momenti prima della morte fisica. E il quarto è quello della 'dharmata', che subentra subito dopo il momento della morte.
A questo punto, se non abbiamo riconosciuta la realtà ultima, cioè se non ci siamo risvegliati, vaghiamo per 49 giorni, vivendo esperienze intense ma confuse in cui diventa sempre più forte il desiderio di una rinascita. Entrando infine in una nuova vita, siamo soggetti a tutte le esperienze di questo mondo, con le sue sofferenze e la sua confusione. E tutto ricomincia da capo.
Ovviamente, se in vita abbiamo appreso le idee giuste e se abbiamo almeno riflettuto sulla natura di questo mondo, abbiamo più probabilità di risvegliarci in uno di questi intervalli e di non desiderare più di rientrare in questa dimensione della sofferenza e della morte. Scoprendo la natura luminosa della realtà, 'capiamo' che esiste un'altra possibilità di 'vita', fondata su una maggiore consapevolezza e non più legata al ciclo delle nascite e delle morti.
I quattro intervalli naturali che ci vengono offerti sono periodi in cui cessa quella specie di sonno in cui viviamo abitualmente, caratterizzato da una visione confusa e illusoria, e ci si presenta la possibilità di essere più consapevoli e di vedere chiaramente.
Dei quattro intervalli, quello legato alla meditazione è l'occasione alla portata di tutti. Lì possiamo lavorare per rendere più chiara la visione, per prepararci ad essere meno confusi prima e dopo la morte.
Sappiamo che tutti i metodi di meditazione si riducono a due grandi categorie: "shamata" e "vipashyana o vipassana". Nella prima si tratta di trovare la calma e di rendere stabile la mente, non più soggetta alle oscillazioni degli stati d'animo disturbanti e disturbati. Nella seconda si tratta di osservare non più questo o quello, ma la nostra stessa consapevolezza priva di contenuti, raggiungendo una visione profonda.
Meditare non è pensare a qualcosa di specifico, ma andare al di là dei concetti mentali.
Chi crede in Dio, pensa di poter essere salvato da qualche divinità. Ma nessun Dio può gestire la nostra mente: non esiste l'elisir della saggezza, né tanto meno quello dell'intelligenza.
Nessun commento:
Posta un commento