Ci sono persone
che, indottrinate dalla religione, credono che sia un dovere tenere in vita
artificialmente un loro congiunto il cui cervello è ormai distrutto. Così
possono far respirare con macchine un corpo che è vivo solo apparentemente.
Può darsi che in
alcuni casi un comportamento del genere venga sorretto dalla speranza che il
congiunto possa svegliarsi. Ma, dopo tanti anni, si tratta solo di egoismo e
della paura di prendersi la responsabilità di una morte che in realtà è già
avvenuta.
Bisognerebbe
spiegare a queste persone che la morte è la vera liberazione e che tenere in
attività un cadavere è impedire al deceduto di liberarsi definitivamente da una
condizione penosa. Credono di difendere la vita, ma imprigionano le anime.
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