Karma significa azione, e azione significa divenire: instancabile movimento e
cambiamento. All’inizio, il mondo e la vita sono stati creati inseguendo il
gusto del piacere. Ma, per avere piacere, bisogna avere dolore – l’uno non può
esistere senza l’altro. Questo non era stato previsto.
Ed eccoci nel
ciclo karmico.
Non si tratta di
fantasie orientali. Ognuno di noi nasce da altri, ereditando non solo il DNA
materiale ma anche le attitudini e le tendenze psicologiche. Ed ecco che ognuno
di noi si porta dietro un fardello enorme.
Finché c’è vita,
cioè desiderio, una qualche forma di rinascita, qui o altrove, è assicurata. E
ogni volta si tratta di una persona nuova fatta di pezzi ereditati dal passato.
In sostanza è assicurata una continuità, anche se non come in certe fantasie
orientali e occidentali. Altre esistenze, paradisi, inferni e purgatori sono
sempre compresenti, anche qui sulla Terra, e continuano ad alternarsi.
Ma siamo sicuri
che sia un vantaggio? Karma è essere trascinati, è conflitto esteriore e
interiore, è un’attività senza fine e senza pace, è nascita e morte.
Da noi la
rinascita è vista come qualcosa di positivo. Ma i più avvertiti capiscono che
si tratta comunque di sofferenza. E incominciano ad aspirare ad uscire dal
ciclo karmico. Basta con le nascite, basta con la crescita, basta con
l’invecchiamento, basta con i conflitti, basta con le malattie, basta con le
morti.
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