Incalcolabili sono gli
effetti negativi della cultura cattolica sul popolo italiano, che, dopo aver
adottato il cristianesimo nel quarto secolo, si è trasformato da un popolo di
conquistatori in un popolo di pecore, pronte a chinare il capo di fronte a qualsiasi
sopruso. In questi giorni si parla a vanvera di perdono e i mass media statali
ci invitano a perdonare… così, genericamente.
Ora, se ci vuole forza a
perdonare, ci vuole molta più forza a non perdonare, a trattenere dentro di sé
la rabbia e a cercare ad ogni costo la giustizia. Il debole è sempre pronto a
perdonare, perché non vuole aver a che fare con la propria coscienza.
Ma chi dobbiamo perdonare?
Dobbiamo perdonare i mafiosi che hanno sciolto nell’acido i bambini o che hanno
assassinato i giudici? Dobbiamo perdonare i criminali di guerra? Dobbiamo
perdonare i terroristi che hanno messo le bombe sui treni, nelle piazze e nelle
banche? Dobbiamo perdonare gli schiavisti e i razzisti? Dobbiamo perdonare i
finanzieri che con le loro speculazioni hanno messo sul lastrico intere
popolazioni e indotto qualcuno a suicidarsi? Dobbiamo perdonare il cardinale
che fece uccidere Giordano Bruno?...
Ma sì, perdoniamoli,
perdoniamoli tutti!
Però domandiamoci: sarà un
caso che i paesi cattolici siano quelli in cui dominano i mafiosi e i violenti?
Oppure è proprio l’effetto
della cultura del perdonismo e del porgere l’altra guancia?
Bisogna imparare a
trasformare la rabbia in energia e l’energia in azione di giustizia.
Perdonare per principio può
essere solo viltà. E rimettere la giustizia nelle mani di Dio può essere un
modo per non farla qui sulla terra.
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