Bisogna abituarsi non ad evitare il pensiero
della morte, ma a pensarla senza paura, come l’esito naturale della vita, come
un’altra trasformazione in questa esistenza, come un’altra nascita. Essere
curiosi anche della morte. L’importante è che la morte ci colga ancora pieni di
interessi. Perché, in realtà, spesso l’uomo muore a poco a poco, già in questa
vita. In fondo, la paura della morte è la paura di perdere la propria
individualità, la propria coscienza. Ma bisogna anche rendersi conto che essere
confinati in un ego è una limitazione, e che morire è la fine di una prigionia
e lo sprigionamento di ulteriori potenzialità.
“Che cosa può sgomentarmi se la morte non mi
sgomenta?”
Schiller
“È
meraviglioso l’effetto di questo pensiero della morte: il quale distruggendo
ella per sua natura tutte le cose, conserva e mantiene coloro che a lei
pensano, e da tutte le umane passioni li difende”
Michelangelo
Come nel caso del suicidio, a cui mille pensano e uno arriva, ho l'impressione che pensare alla morte in modo sereno o addirittura curioso rimanga qualcosa di molto teorico. Siamo fatti di paura, che è sempre paura della morte, e di desiderio, e in base a questi due stimoli fondamentali agiamo. Anche qui, come in molte altre cose, forse quello che più servirebbe sarebbe una concezione diversa della morte fin da quando si è piccoli o molto giovani, un chiaro indirizzo verso una vita senza paura. Se questo non succede, tutti gli sforzi per rimediare possono risultare vani
RispondiEliminaAd Einstein, in punto di morte, fu domandato se avesse paura della morte, e lui rispose: “Mi sento così solidale con ogni corpo vivente che non m’importa dove cominci e dove finisca l’individuo”.
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