lunedì 7 ottobre 2013

Essere buoni


Fare cose buone, fare del bene, significa essere buoni? Bisogna vedere le motivazioni: possono esserci motivazioni indegne, per esempio fare del bene per essere considerati buoni o per ricevere l'approvazione degli altri. Più sottile ancora è il desiderio di autostima: facendo del bene aumenta la stima che ho di me stesso.
Abbiamo bisogno di essere considerati o di considerarci generosi? Abbiamo bisogno di non sentirci in colpa? Abbiamo bisogno di volere che gli altri dipendano dal nostro aiuto? Abbiamo bisogno di crederci importanti o potenti? Lo facciamo per "senso del dovere"? Lo facciamo per motivi religiosi, ossia per ricevere la benedizione del Padreterno e per garantirci magari un buon posto nell'aldilà?
È chiaro che tutte queste motivazioni non sono per niente altruistiche e continuano a girare intorno al nostro egocentrismo.
Insomma, è davvero difficile essere buoni spontaneamente, senza secondi fini... più o meno egoistici. Purtroppo, la maggior parte di noi non ha abbastanza consapevolezza per rendersene conto.
Il problema non era affatto sfuggito a Gesù, che lancia terribili invettive contro gli ipocriti che fanno del bene per "farsi vedere", per ostentare la propria ricchezza e la propria "bontà".
Manca però in Gesù, che non è dotato di grandi mezzi culturali, il concetto di consapevolezza, piuttosto estraneo all'intera religione giudaica. E, quindi, pur condannando gli ipocriti e gli esibizionisti, non è in grado di invitare i suoi seguaci a fare un esame di coscienza.
Tutt'altra cosa è la cultura buddhista, ben più sviluppata spiritualmente e psicologicamente, che infatti prevede che ognuno sappia esaminare prima di tutto le motivazioni delle proprie azioni. Perché, senza consapevolezza, parlare di bontà è un'impresa impossibile.

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