Scopo della meditazione non è essere felici, ma superare la condizione umana abituale, quella contraddistinta da alti e da bassi, da piacere e dolore, da felicità e infelicità. Infatti, negli ultimi jhana (livelli di meditazione) ci si lascia alle spalle ogni esuberanza sentimentale, per approdare ad uno stato di equanimità, ossia di lucida e limpida visione. Sto parlando non di esperienze mistiche, ma di esperienze alla portata di tutti. Fare del quotidiano la via per lo straordinario.
Infatti, come l'infelicità è il risultato di un lungo condizionamento, così l'equanimità può essere anch'essa il risultato di un altro addestramento - stavolta positivo.
Ci si può allenare da subito, da adesso. Tutti possiamo superare gli estremi del dolore e della gioia, così come ci succede in certe occasioni. Si deve notare, infatti, che le grandi gioie e i grandi dolori sono esperienze estreme . Mentre la vita procede per lo più su una via mediana.
Possiamo fare della medianità - e, sì, anche della mediocrità - una via di chiarezza. Perché in fondo la medianità è neutralità, imparzialità, è non sbandare né da una parte né dall'altra, è vivere centrati.
Se riusciamo a far rimanere la mente in uno stato di neutralità, immobilità e silenzio, senza fluttuazioni, la ripuliremo del tutto e potremo veder chiaro. Bisogna però allenarsi.
Nessun commento:
Posta un commento