Se siamo ammalati, abbiamo l'occasione di contemplare concretamente la sofferenza - l'ineliminabilità della sofferenza nell'esistenza umana abituale. Abbiamo creduto che la vita dovesse elargirci tutti i suoi benefici, ma abbiamo scoperto che accanto ad essi ci sono tanti mali. Ora, mentre espiriamo ed inspiriamo, non pensiamo: "Io soffro" o "io sto male". Pensiamo piuttosto: "Il dolore non sono io".
 Continuiamo fino a capire che, come l'io è una costruzione inconsistente e vuota, così lo è il dolore.
 Vorremmo eliminare la sofferenza lasciando soltanto il piacere. Ma le cose non funzionano così.
 Svuotiamoci di ogni nozione di io (sé, ego). Non è "mio" né il dolore né il piacere. Lasciamo andare.
 Nella mente vuota, non c'è né dolore né piacere. Si estingue ogni attaccamento all'io e la mio. E che cosa rimane? Rimane il senza-morte, l'incondizionato.
 
 
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