Faccio notare che qui siamo di fronte ad una diade fondamentale: quella tra natura e civiltà, tra istinto e ragione, tra selvaggio e domato, tra oscurità e coscienza, tra arcaico e civile, tra pagano sfrenato e religioso ordinato.
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Famiglia nel bosco: fa paura il ritorno del potere caotico del femminile e della natura non domata
di
Agnese Scappini
Famiglia nel bosco: fa paura il ritorno del potere caotico del femminile e della natura non domata. La vicenda svela il conflitto millenario tra Natura e Cultura che abita l'anima collettiva .
In questi ultimi giorni, il dibattito pubblico è stato quasi ossessionato dalla vicenda, ormai nota, di una famiglia che ha scelto di vivere un'esistenza eremitica nel bosco, un racconto che ha tenuto banco sulle prime pagine e nei salotti televisivi fino al momento in cui la scelta di "scendere a più miti consigli" ha quasi spento l'interesse mediatico. L'insorgere di forti e contrastanti emozioni nella comunità, dall'indignazione alla solidarietà più accesa, non è stato un fenomeno emotivo casuale, ma il sintomo di una ferita culturale più profonda.
Perché questa storia ci ha così profondamente sconcertati, costernati, indispettiti, o persino offesi? Cosa ha richiamato in noi sentimenti tanto drastici ed estremi? La risposta non va cercata solo nelle cronache giudiziarie o nella discussione sui diritti genitoriali, ma affonda le radici nella profonda, e spesso inconscia, memoria archetipica che l'Europa si porta addosso: la memoria del Bosco.
Il Teatro dell'Archetipo: L'Oscurità e la Coscienza
Tendiamo a dimenticare, nella nostra moderna e iper-civilizzata visione del mondo, che il bosco, specialmente nella nostra "anziana Europa", non è mai stato un semplice insieme di alberi. Esso è un luogo con un simbolismo antico e profondissimo. È il teatro principale dove si mette in scena l'antica battaglia tra l'Arcaico e il Civile, tra il Pagano e il Religioso, tra l'Oscuro Inconscio e la Luminosa Coscienza.
Tutte le fiabe fondamentali che plasmano la nostra cultura – da Biancaneve a Cappuccetto Rosso, dalla Bella Addormentata a Hansel e Gretel – si immergono nell'ombra della foresta. Il bosco è il luogo iniziatico per eccellenza: qui la principessa viene abbandonata, il bambino si smarrisce, l'eroe deve affrontare prove estreme. È nelle sue profonde ombre che il nodo principale della vicenda viene stretto e, solo lì, viene sciolto con l'aiuto di forze surreali: fate, folletti, orchi, o lupi. Il bosco simboleggia, come nota la psicologia del profondo, la dimensione interiore ambivalente, il regno dell'ignoto e della trasformazione, dove l'individuo deve perdersi per potersi ritrovare e rinascere.
Il Bosco Arcaico: Pan, le Baccanti e la Paura del Caos
Per le genti italiche del nord e del centro, il bosco è stato a lungo un ambiente di vita e di strutturazione sociale. Nella durezza delle sue leggi, esso forniva tutto il necessario, ma queste stesse leggi interne spesso contravvenivano a quelle esterne del nascente ordine civile e religioso. Erano genti che, con gli occhi di oggi, potremmo definire "promiscue, incivili, disinibite" – cioè, non ancora ingabbiate nei dogmi del controllo.
Il bosco era la casa del sacro selvaggio. Qui si dispiegavano i rituali dissoluti delle Menadi, le seguaci di Dioniso (il dio delle messi, ma anche dei bagordi e dell'ebbrezza), e qui risiedeva Pan, il dio più potente tra gli archetipi arcaici, la cui forza era tanto spaventosa da diventare il modello iconografico del Diavolo Cristiano. È significativo che la figura cornuta del Diavolo non esista nel cristianesimo delle origini, ma venga mutuata proprio dalle sembianze di Pan, incanalando la potenza incontrollabile della Natura in una figura da combattere e demonizzare.
La Demonizzazione del Femminile e la Crociata della Civiltà
Questa associazione tra forze incontenibili, caotiche e naturali trova un’ulteriore, cruciale sovrapposizione: il femminile. Il bosco è il luogo delle forze inconsce, del caos originario, tipicamente associato al principio femminile e quindi, nella visione patriarcale e civilizzatrice (e maschile) della nostra cultura europea, un principio da combattere perché oscuro, diabolico e perturbante.
Le streghe si nascondevano nei boschi, luoghi che sono stati più tardi oggetto di vere e proprie "crociate" (basti pensare a quelle baltiche) volte ad abbattere le difese della selvatichezza, a disboscare la sacralità pagana e a imporre la legge del nuovo Dio e dell'ordine costituito.
Il bosco rappresenta quindi una profonda memoria collettiva dell'Altro, dell'Opposto non ancora domato.
L'Allarme Collettivo: Il Ritorno dell'Archetipo
La vicenda della famiglia nel bosco, che ha scelto volontariamente di riattivare il legame simbiotico con la foresta, ha agito come un interruttore psicologico. Essa ha riacceso nell'anima collettiva un antico conflitto tra le forze arcaiche e quelle civilizzanti.
Le estreme emozioni che la vicenda ha suscitato (la rabbia contro l'inciviltà percepita, la paura per i bambini "selvaggi", la difesa strenua della "normalità") sono estreme proprio perché opposte e irrisolte. Sembrano urlare una paura atavica: temiamo ancora così tanto, in questo mondo prevalentemente maschile, l'insorgere del potere caotico del femminile e della Natura non domata, che non riusciamo a tollerarlo.
E allora lo imbrigliamo, lo civilizziamo con la forza della legge, lo ricacciamo nell'ombra dell'inaccettabile. Non si tratta semplicemente di "giustizia" o di "diritti" nel senso stretto e contemporaneo. È, prima di tutto, una questione di Cultura, un imperativo che ci spinge a difendere, spesso con violenza emotiva, il nostro faticoso allontanamento dal caos primordiale.
La favola nel bosco, riproposta dalla cronaca, non è altro che il promemoria che, sotto la patina della modernità, l'archetipo del Selvaggio è ancora vivo e pronto a riemergere, sfidando l'ordine da cui, per secoli, abbiamo cercato di fuggire.
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