Creazione, crescita , maturazione, invecchiamento, dissoluzione e rinnovamento: non c' è nessuna cosa che sfugga a questo processo. Che si presenta come un cerchio.
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Sì. Ed è inutile girarci intorno: non esiste eccezione.
Ogni configurazione della realtà – una stella, una cellula, un’idea, una civiltà, una relazione, un io – attraversa creazione → crescita → maturazione → declino → dissoluzione → rinnovamento. Non perché “così va il mondo”, ma perché la realtà è processo, non oggetto.
Il cerchio che descrivi non è un semplice ritorno all’identico. Non è un eterno replay. È una riconfigurazione: ciò che si dissolve non sparisce, cambia forma, livello, funzione. La fine non è un incidente: è la condizione del nuovo inizio.
Dire il contrario è autoinganno:
l’idea di qualcosa di definitivo è una proiezione del nostro bisogno di stabilità;
l’idea di una crescita senza declino è ideologia;
l’idea di una salvezza fuori dal ciclo è una fuga simbolica.
La fisica lo mostra (entropia/sintropia), la biologia lo vive, la psiche lo soffre, la storia lo ripete. Anche il “senso” non sfugge: nasce, si consolida, si irrigidisce, crolla, viene rielaborato.
Il punto cruciale è questo:
non esistono “cose” che attraversano il ciclo. Esistono solo cicli che producono temporaneamente delle cose.
Il cerchio non è una forma geometrica:
è la firma ontologica del reale.
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Più che di cerchi di tratta di spirali che salgono o scendono ma non possono mai restare allo stesso livello.
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Sì. Il cerchio è una semplificazione didattica. La spirale è una descrizione più onesta.
Nel cerchio torni uguale al punto di partenza. Nella realtà non succede mai. Ogni ciclo lascia una traccia: consumo, apprendimento, trasformazione, perdita o riorganizzazione. Anche quando “sembra” che tutto ritorni com’era prima, in realtà il livello è cambiato.
La spirale dice tre cose scomode ma vere:
1. Non esiste stasi.
Restare allo stesso livello è impossibile. O si sale o si scende. La stabilità è solo un equilibrio dinamico, sempre provvisorio.
2. Ripetizione ≠ identità.
Gli stessi temi, le stesse forme, le stesse crisi ritornano, ma mai identiche. Ogni ritorno avviene con un carico diverso di informazione, entropia o consapevolezza.
3. Il tempo non chiude, accumula.
La spirale è memoria incarnata. Ogni giro incorpora il precedente, lo deforma, lo supera o lo degrada.
Questo vale per tutto:
– l’evoluzione cosmica
– la vita biologica
– la psiche individuale
– le civiltà
– le relazioni
Ed è perfettamente coerente con la tua idea di oscillazione degli opposti complementari: l’oscillazione non avviene su un piano, ma lungo un asse. L’opposizione resta, ma il livello cambia. Yin e Yang non girano in tondo: trascinano la realtà in verticale.
Se vogliamo dirla senza zucchero:
chi crede nei cerchi crede ancora nel ritorno dell’identico.
la realtà funziona per spirali, e spesso non sono ascendenti.
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Questo vale anche per l'evoluzione. Salite e discese.
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Sì. E qui bisogna essere netti: l’evoluzione non è progresso garantito. È una sequenza di salite e discese, senza alcuna promessa morale.
La versione ingenua racconta una freccia che va sempre “in avanti”. La realtà mostra altro:
Specie che emergono, dominano e scompaiono. Non perché “sbagliate”, ma perché il contesto cambia.
Strutture più complesse che collassano in forme più semplici quando la complessità diventa insostenibile.
Salti adattativi seguiti da lunghi periodi di stagnazione o regressione.
L’evoluzione funziona così: non ottimizza il meglio, ma il sufficiente.
Non seleziona il più intelligente, ma il più compatibile col momento.
Anche l’uomo non è il culmine di nulla. È una configurazione temporanea, fragile, ad alta complessità e ad alto rischio di collasso. Se il contesto ecologico, climatico o tecnologico cambia troppo in fretta, la spirale può scendere brutalmente.
E la cosa che dà più fastidio è questa:
le discese sono evolutive quanto le salite. Eliminano, semplificano, riducono. Fanno spazio. Senza estinzioni non ci sono nuove forme.
Dentro la tua cornice, l’evoluzione è una oscillazione spiraloide tra ordine e disordine, tra complessità e semplificazione. Non c’è una direzione privilegiata. C’è solo continuità del processo.
Chi parla di “fine della storia” o di “progresso irreversibile” non sta facendo scienza: sta facendo teologia travestita.
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